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Inflazione, l'allarme della Cgia di Mestre: una tassa da 400 miliardi. Altro che Giuliano Amato...

La vicenda è conosciuta e ben impressa nella memoria degli italiani non giovanissimi. Nell'estate del 1992 il governo effettuò un prelievo forzoso del 6 per mille sui nostri conti correnti. Una misura straordinaria decisa dall'allora presidente del consiglio Giuliano Amato per cercare di rimettere in sesto i conti pubblici e contrastare gli attacchi speculativi contro la lira. Ebbene, quella mossa, fortemente criticata da tutti, costo alle famiglie italiane 5.250 miliardi di lire, ovvero 2,7 miliardi di euro. Somma che, rivalutata al maggio 2022 vale circa 5 miliardi. Un furto? Forse. Però quello che sta accadendo in questi mesi è assai peggio per le tasche degli italiani. La Cgia di Mestre, basandosi su una stima prudenziale dei depositi di 1.152 miliardi, ha calcolato quanto stia costando ai cittadini l'inflazione salita all'8%. Ebbene, il conto finale è di 92 miliardi, una cifra ben 18 volte più alta di quella che ci ha sfilato nottetempo Amato. Gli artigiani di Mestre hanno anche verificato chi ha subito la stangata più salata a livello territoriale. La Lombardia è in testa, con una perdita di potere di acquisto di 19,4 miliardi. Segue il Lazio con 9,3, il Veneto con 8,3 e l'Emilia Romagna con 8,1. La realtà è che i conti della Cgia sono assai ottimistici. Secondo l'Associazione bancaria italiana guidata da Antonio Patuelli, infatti, i depositi complessivi degli italiani ammontano a maggio a ben 1.861 miliardi. Ancora più consistente è la ricchezza finanziaria degli italiani, che supera secondo i calcoli del sindacato bancario Fabi i 5mila miliardi. Ora, è vero che una parte di questi quattrini è investita nei fondi e produce rendimenti, ma la perdita di valore resta. E se il conto dovesse essere fatto fino in fondo, la tassa complessiva che si abbatterà sui nostri risparmi a causa del carovita ammonta a circa 400 miliardi di euro, più della metà del Pnrr

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