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I fondi del Pnrr? Dovremo restituire oltre 122 miliardi: prepariamoci a tornare schiavi della Ue
Passata la sbornia dei difficilmente comprensibili festeggiamenti per la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, che è il frutto del fallimento della politica e della debolezza dell'attuale classe dirigente, il governo dovrà tornare a occuparsi dei problemi del Paese. Primo fra tutti, visto che la pandemia sembra aver finalmente iniziato ad allentare la morsa, la gestione e il contenimento dell'enorme debito pubblico a cui nei prossimi anni si aggiungeranno i prestiti chiesti all'Europa per finanziare il piano nazionale di ripresa e resilienza. Prima dell'estate a Bruxelles entrerà nel vivo il dibattito sulla riforma del patto di stabilità e l'Italia finirà con ogni probabilità all'angolo. Non solo infatti si ritrova con un rosso di bilancio che sfiora il 160% del Pil e si aggira sui 2.700 miliardi di euro, ma è stato anche praticamente l'unico Paese della Ue che ha deciso di attingere a piene mani alla quota di finanziamenti che dovranno essere restituiti direttamente e non attraverso la compartecipazione al bilancio europeo. Secondo i calcoli di Unimpresa Germania, Francia e Spagna non hanno preso un euro di prestiti, limitandosi a utilizzare le sovvenzioni. Il Portogallo si è fermato al 16% della somma totale del suo Recovery plan, mentre la Grecia è andato un po' oltre, chiedendo una cifra pari al 41% del totale, ma in termini reali si tratta solo di 12,7 miliardi. E poi ci siamo noi, che invece abbiamo ritenuto opportuno spingerci fino al 52% dell'intero pacchetto. Il che non è proprio una buona notizia. Sui 235 miliardi di risorse complessive a disposizione, pari al 13% del Pil, dovremo restituirne di tasca nostra alla Ue oltre 122. Una tagliola che consentirà ancora una volta a Bruxelles di mettere becco nei nostri affari imponendoci precise indicazioni sull'utilizzo delle risorse e sul modo per far tornare i conti in ordine. Insomma, prepariamoci a tornare schiavi della Ue.
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