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Lo squalo in formaldeide: così Damien Hirst ha rappresentato l'eterna bellezza del confine tra la vita e la morte

Alcune forme di arte sono capaci di cogliere l'attimo, solo uno, che rimane in eterno, attimi che talvolta rappresentano così il labile confine tra la vita e la morte . È questo ciò che Damien Hirst , nel 1991, ha voluto raccontare nella sua famosissima opera “ L'impossibilità fisica della morte nella mente di un essere vivente ”. Sofia Lipoli , in questa nuova puntata di Art of Change , parla dell'installazione: uno squalo tigre lungo più di quattro metri, conservato in un’enorme vasca piena di formaldeide, per un peso totale di più di due tonnellate. Lo spettatore può coglierne il duplice significato di vita e di morte, il suo equilibrio e la sua eterna bellezza. Persino il nome dell’opera invoglia a una riflessione, Se l’istallazione si fosse chiamata semplicemente “Squalo”, lo spettatore si sarebbe limitato a costatare con fretta che effettivamente, si trattava di uno squalo e poi avrebbe proseguito, ma come tutti i titoli di Hirst, anche esso è parte integrante della meraviglia da lui proposta, il nome dal lui pensato obbliga chi guarda a trovare un significato: il titolo produce altrettanto dibattito dell’opera in quanto tale. Perché non è tanto importante la risposta, ma porsi la domanda

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