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Dall'orinatoio alla banana: quando l'opera non è niente di che ma conta l'artista e la sua idea

“L’arte non è solo saper fare; mostrare una bravura o una competenza tecnica, l’arte è saper scegliere” l’artista che per primo ha elaborato questo pensiero è Marcel Duchamp ed è la lui che si deve la concezione che abbiamo oggi di arte contemporanea. La studentessa di storia dell'arte Sofia Lipoli dedica una puntata di Art of Change a Duchamp e alla sua opera “Fontana” che consiste in un comune orinatoio in ceramica, su cui campeggia l’enigmatica scritta «R. Mutt 1917». Fu acquistato da Duchamp a New York, in un negozio sulla Fifth Avenue; una volta nel suo studio, l’artista lo rovesciò, tracciando semplicemente la scritta. Nonostante l’estrema semplicità di realizzazione dell’opera – che, in effetti, era per il 99% già pronta - è considerata tra i principali capolavori del Novecento. Il perché è presto detto: si tratta di un’opera fortemente provocatoria, che fa a pezzi uno degli assiomi del mondo dell’arte: l’idea che l’artista, per definizione, crei qualcosa di unico. Duchamp non fa nulla di straordinario e, soprattutto, in sé l’opera non ha niente di speciale, anzi: si tratta di un semplice orinatoio prodotto in serie. È proprio qui la rivoluzione, nell’idea che tutto possa diventare un capolavoro. Basta solo che il pubblico riconosca il ruolo dell’artista e, di riflesso, il valore della sua opera. Se l’opinione pubblica ne riconosce il valore, perfino un banale orinatoio può elevarsi a opera d’arte.

 

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