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Basili, l'uomo ombra di Cossiga racconta il "picconatore", Moro, Prodi e Grillo

Lui fruga dentro la busta che si è portata dietro. Ne esce una foto in bianco e nero. Non c'è la data, ma è di domenica 20 giugno 1976. L'Italia stava votando in un momento difficile della sua storia: eravamo in pieni anni di piombo, c'era il timore del sorpasso comunista. Racconta Dino Basili: “Francesco Cossiga era ministro dell'Interno. Mi chiamò dicendo: vieni a farti una passeggiata, che facciamo vedere che è tutto tranquillo. Andammo in piazza di Spagna con il fotografo e per sottolineare quella calma mi disse di accendermi una sigaretta. E il fotografo scattò”. Basili è stato l'ombra di Cossiga per decenni. All'epoca era semplicemente un amico, un confidente. Non c'era un rapporto di lavoro. L'avrebbe seguito al Quirinale invece con un incarico ufficiale come addetto culturale. C'è però restato solo cinque dei sette anni, non condividendo l'epoca del piccone: “Lui temeva tanto che gli facessero fare la fine di Giovanni Leone, e mi diceva che l'unico modo per evitare quella trappola sarebbe stato alzare la palla e buttarla lontana. Ma io non la pensavo così...”. Basili è salito a bordo della web trasmissione L'Abitacolo il 9 maggio, una data simbolo: il giorno del ritrovamento del cadavere del povero Aldo Moro, assassinato dalle Br. “Ero con Cossiga”, ricorda “al Viminale a pranzo, come sempre un piatto di prosciutto crudo e mozzarella. Arrivò la prima lettera di Moro dalla prigionia e non sapevamo se fosse autentica. Non trovavamo nessun manoscritto da confrontare, e non volevamo avvertire la famiglia per non creare allarmi finché non fossimo sicuri dell'autenticità. Allora mi ricordai di avere a casa una sua lettera personale. Feci una corsa forsennata a prenderla e la diedi ai periti calligrafi. Sì, era la sua scrittura...”. Sono stati i giorni più terribili di Cossiga, e lo inseguirono fino al suo ultimo respiro: “Certo”, racconta Basili, “era tiratissimo, irriconoscibile. Sono stato con lui tutte quelle 55 sere del rapimento di Moro”. Un anno dopo, i primi giorni di agosto del 1979, Cossiga tornò. Non più al Viminale, a palazzo Chigi. E dalla busta di Basili spunta fuori un altro fogliettino scritto a mano: la lista dei ministri suggeriti dall'allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini per il nuovo gabinetto Cossiga. C'è anche l'autografo del presidente (“un secco “Pertini”) con una frase che sembra quasi disperata: “Governo amico Cossiga mia ultima spiaggia!”. Sotto dei disegnini fatti da Pertini nell'attesa di consigliare il biglietto. Tutti o quasi i nomi proposti divennero ministri. Uno no. “E lo ricordo bene”, sorride Basili, “ non passò Romano Prodi ministro dell'Industria”. Cossiga non amava il professore? “Cossiga non l'ha amato di sicuro”. Ci furono gli anni del Quirinale, ma lì Basili si occupava di cultura. “E portai sul Colle un po' di società civile e di società degli artisti. Vennero Renzo Arbore, perfino Roberto Dagostino” E Beppe Grillo? Era il comico più conosciuto... “Sì, infatti andai a vedere un suo spettacolo. Mi aveva invitato la proprietaria del teatro dove si faceva lo spettacolo... Andai e rimasi raggelato. Perchè lui iniziò puntando il dito contro me e chi mi stava a fianco (di cui sapeva il nome) per dire che eravamo allo spettacolo a sbafo” Era già il Grillo di oggi... di Franco Bechis @FrancoBechis

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