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L'intervento del banchiere di Renzi alla Leopolda

Una telefonata a casa, “ci vediamo a pranzo”. Un colpo di fucile, e il corpo che resta nella Lexus su una stradina vicina a Carbonara Scrivia, nell'Alessandrino. Così è morto Guido Ghisolfi, 58 anni, re della plastica italiana, vicepresidente del gruppo Mossi & Ghisolfi, il secondo gruppo chimico italiano con un fatturato di 3 miliardi di dollari. Sembra un suicidio (il fucile era dell'imprenditore ), ma la famiglia ha dubbi: non c'è un solo biglietto trovato fino a ieri sera a spiegare il gesto. Così la morte si tinge di giallo. Anche perchè l'imprenditore piemontese era uno degli industriali più vicini a Matteo Renzi, meno conosciuto dal grande pubblico, ma più sostenitore di Oscar Farinetti, il patron di Eataly. Ghisolfi infatti con 125 mila euro versati insieme alla moglie Ivana Tanzi era il secondo finanziatore della Fondazione Open di Renzi subito alle spalle del finanziere David Serra. Aveva finanziato anche il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, con cui aveva un rapporto stretto di amicizia. Ed era amico anche dell'attuale sindaco di Torino, Piero Fassino. Tutti renziani che conosceva bene. E che chiamava affettuosamente “i miei marines”. Tanto vicino al gruppo dirigente del Pd, da avere partecipato sia al Big Bang (2011) che alla Lepolda 2013, quando parlò tre minuti mentre lo stesso Renzi e Maria Elena Boschi prendevano appunti. 

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