Gas, Scaroni: "Se la Russia chiude i rubinetti c'è da preoccuparsi"
"Gas ne avremo abbastanza se le modeste forniture che riceviamo dalla Russia, circa 20-25 milioni di metri cubi al giorno, dovessero continuare ancora per qualche mese. Se dovessero interrompersi domani mattina avrei qualche preoccupazione”. Così Paolo Scaroni, Deputy Chairman di Rothschild & Co., presidente del Milan ed ex ad di Enel e Eni, in un'intervista a GEA. “Oggi rinunciare al gas russo – aggiunge -, vuol dire utilizzare gas per molti anni che arriva da altri Paesi. E’ molto difficile immaginare una transizione energetica in quattro e quattrotto. Certo, oggi riceviamo gas dall'Algeria, dalla Libia, dall'Azerbaigian via tubo, quindi solo per noi, e poi possiamo acquistare gas liquido nel mondo, che viaggia come il petrolio. Però quest'ultimo è sul mercato mondiale e va a chi lo paga di più. A lungo termine, certo, rinnovabili e nucleare potranno giocare un ruolo importantissimo, però almeno per i prossimi dieci anni noi abbiamo bisogno di gas”.
“Noi nel passato abbiamo estratto 15-20 miliardi di metri cubi all'anno e le ricordo che il consumo italiano è di circa 70 miliardi, quindi coprivamo circa il 20-25% del fabbisogno. Progressivamente siamo calati come risultato perché non abbiamo fatto nuove esplorazioni, non è stato possibile realizzare nuove piattaforme e così via. Certo, gli italiani sono contro lo sfruttamento degli idrocarburi in mare, ma in realtà siamo un Paese che è sempre contro tutto. Siamo un Paese dove è difficilissimo realizzare qualunque infrastruttura”, prosegue Scaroni. “E così avviene che, siccome il gas non ha passaporto – aggiunge -, se un giacimento è tra le acque di interesse economico di due Paesi, il Paese che lo estrae se lo porta a casa. Se si volesse ripartire con un aumento della produzione in Italia di gas, dovremmo ripartire con le esplorazioni, e far tante cose che suscitano opposizione ma non dalla politica, dai nostri concittadini. Sono loro che si organizzano per bloccare qualunque cosa. Pensiamo solo che oggi riceviamo 11 miliardi di metri cubi di gas all'anno dall'Azerbaigian, e meno male che li riceviamo altrimenti saremmo veramente in difficoltà , e quel tubo che ci collega alla Grecia – il famoso Tap – ha avuto opposizioni incredibili. Oggi però si va lì e non lo si vede nemmeno. Quindi da questo punto di vista siamo veramente un Paese curioso".
“Quando penso all'Europa penso alla governance che ci siamo dati. Ce la siamo data noi quindi è inutile criticarla, ma abbiamo una governance così complicata, farraginosa, bloccata da veti, per cui qualunque decisione o azione rilevante a livello europeo richiede tempi non compatibili con le emergenze. Questo è un vero problema", osserva Scaroni. “Vorrei – aggiunge - anche aprire il capitolo Nato, perché quando a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina l'Alleanza Atlantica ha deciso azioni fortissime – armi, sanzioni – a quel tavolo, c'erano dei Paesi petroliferi, primo di tutti la Norvegia, che è un grandissimo esportatore di gas. In quel momento era largamente prevedibile che la reazione della Russia sarebbe stata tagliarci il gas, che i prezzi sarebbero quindi schizzati a livelli inimmaginabili e a quel tavolo c'era chi ci guadagnava – Norvegia, Stati Uniti, Canada – e chi perdeva enormemente. Ecco quella poteva essere la sede e potrebbe essere ancora la sede per chiedere una distribuzione più equa, perchè è strano che un'azione presa collettivamente veda qualcuno che ci guadagna enormemente e qualcuno che ci perde enormemente”.
Rispetto al price cap, continua Scaroni, "noi non possiamo condizionare i prezzi di una merce che non abbiamo. Quello che potremmo teoricamente fare è fissare un tetto ai prezzi per il gas che ci arriva via tubo quindi Norvegia, innanzitutto, Azerbaigian, Libia e Algeria, perché questo gas norvegesi e algerini non possono che venderlo a noi perché il tubo è collegato con noi, non hanno alternative. A questi Paesi, in particolare alla Norvegia nostra partner nella Nato, potremmo chiedere un prezzo calmierato. Per quanto riguarda il gas liquido parlare di price cap mi sembra francamente una stupidaggine perché se noi fissiamo un tetto che non è del mercato mondiale, il gas non verrà da noi ma andrà da un'altra parte".
Insomma, "ci stiamo incamminando verso un'Europa che avrà costi energetici superiori agli Stati Uniti e alla Cina, i due nostri grandi competitor a livello mondiale. Quindi le nostre imprese che utilizzano molta energia soffriranno e magari delocalizzeranno la loro produzione andando alla ricerca di energia meno cara. Il consumatore europeo avrà meno soldi in tasca perché dovrà pagare di più per scaldarsi, quindi da questo punto di vista vedo un futuro un po’ grigio”. Però, conclude Scaroni, "penso che dalle crisi vengano fuori nuove idee e può darsi che sul terreno delle rinnovabili, che dobbiamo spingere al massimo, l'Europa possa prendere quella leadership che vuole avere senza fermarsi solo a pannelli solari e pale eoliche ma con nuovi prodotti e soluzioni, attraverso le quali possiamo ritornare alla testa della tecnologia mondiale. Ultima cosa, il mondo non fa che cambiare: oggi ci diciamo delle cose, magari fra 5 anni ci diremo il contrario. Se ci fossimo incontrati nel 2012, dieci anni fa, prima dell'operazione russa in Crimea, e mi aveste chiesto una valutazione sul fornitore Russia per il gas, avrei detto che è un buon fornitore come puntualità delle consegne, prezzi, tranquillità...".