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Open Arms e navi bloccate: 13 casi simili ma processano solo Salvini

Fabio Rubini
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Venerdì 20 dicembre alle 9.30 Matteo Salvini entrerà nell’aula bunker di Palermo per sapere se sarà assolto o condannato nel processo che lo vede imputato con le accuse di sequestro di persona e abuso d’ufficio. I pm al termine della loro arringa hanno chiesto sei anni di reclusione per il vicepremier che all’epoca dei fatti era ministro dell’Interno.

Non siamo veggenti e non possiamo sapere cosa decideranno di fare i giudici. Di certo sappiamo che questo processo è piuttosto singolare. Se ieri il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro ha definito «un proclama da centro sociale» l’arringa finale dell’accusa, a noi continua a non tornare una cosa: se la legge è uguale per tutti, perché tutti non sono stati trattati alla stessa maniera? Svolgimento del tema: Matteo Salvini è stato denunciato, rinviato a giudizio e processato perché non facendo sbarcare subito i migranti (clandestini) a bordo della Open Arms avrebbe violato i loro diritti umani. Nessuno, però, ha pensato di usare il medesimo trattamento per i ministri che in prima battuta avevano approvato la condotta del leader della Lega - ovvero Toninelli e Trenta - o ancora per il presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte, che si beava nelle fotografie esibendo orgoglioso il testo dei decreti sicurezza.

 

 

 

TRATTAMENTI DISSIMILI

Questa però non è l’unica disparità di trattamento. Se possibile ce n’è una anche più evidente. Dopo il caso Open Arms ce ne sono stati almeno altri tredici simili, che però non hanno prodotto denunce o aperture d’inchieste contro i ministri dell’Interno che sono arrivati dopo Salvini. L’elenco (che abbiamo sintetizzato anche in tabella) è stato prodotto dall’avvocato Giulia Bongiorno e pubblicato nel capitolo che è stato aggiunto alla ristampa del libro di Matteo Salvini, Controvento, per Piemme editore. A finire nel “mirino” della difesa di Salvini ci sono il governo giallorosso sempre guidato da Giuseppe Conte e quello “tecnico” del premier Mario Draghi. In entrambi i casi il ministro dell’Interno era Luciana Lamorgese.

Qui di seguito riassumiamo i casi più eclatanti: il 30 ottobre 2019 i migranti a bordo della Ong Open Viking vengono fatti sbarcare solo dieci giorni dopo la prima richiesta di porto sicuro. Nessuno allora ebbe nulla da ridire. L’11 agosto 2021, sempre la Ocean Viking viene bloccata in mare sempre per dieci giorni prima di acconsentire allo sbarco nel porto di Pozzallo.

Idem il 6 maggio 2022, quando la Ong resta in attesa in mare per nove giorni. Anche in questi casi né l’Organizzazione non governativa, né qualche Procura ha ritenuto opportuno presentare denuncia o aprire un’inchiesta. Andando avanti a compulsare l’elenco, abbiamo trovato casi ancora più eclatanti. Il 17 maggio 2022 i passeggeri della Sea Watch sono stati fatti sbarcare ad Augusta solo dopo 14 giorni di fermo in mare. Il 22 settembre 2022 la Ong Humanuty 1, venne tenuta in mare ad aspettare un porto dove attraccare per ben sedici giorni. Eppure anche in questo caso quando i migranti sbarcarono a Taranto nessuno gridò allo scandalo.

 

 

 

Anche il governo guidato da Giorgia Meloni, con ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è presente nell’elenco: l’11 novembre 2022 alla Ocean Viking non venne consentito di attraccare in Italia e solo dopo 16 giorni si decise a sbarcare i migranti in Francia, a Tolone. Tutti episodi dei quali i giudici dovranno tenere conto: se Salvini dovesse essere riconosciuto colpevole, perché i suoi successori l’hanno “fatta franca”?

In attesa della sentenza (che potrebbe anche slittare a gennaio nel caso in cui i pm chiedessero una controreplica all’arringa della difesa, che a sua volta avrebbe diritto a replicare) la macchina organizzativa della Lega si sta muovendo. Sabato a Roma e domenica a Milano ci saranno gazebo leghisti per festeggiare in caso di assoluzione o per dare solidarietà al “capo” e rilanciare la battaglia contro l’immigrazione indiscriminata, in caso di condanna in primo grado.

 

ALLEATI SOLIDALI

Nel frattempo Salvini sui social ribadisce la linea: «Io vado a testa alta. Ho difeso il mio Paese, se dovessi essere condannato non sarebbe una sconfitta per me ma per l’Italia e l’Europa, perché proteggere i confini è un dovere, non un reato. Io non mollo». In contemporanea la delegazione leghista al parlamento europeo ha organizzato un flash mob. E oggi Salvini è stato a Bruxelles per il vertice dei Patrioti con Orban e Marine Le Pen.

Anche gli alleati di governo si sono fatti sentire. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo in aula per relazionare sul prossimo Consiglio europeo, ha ribadito «la solidarietà di tutto il governo» a Matteo Salvini. Un’affermazione accolta dall’applauso corale dei deputati del centrodestra.

Sulla vicenda si è espresso anche il leader di Forza Italia e vice premier, Antonio Tajani: «Mi pare cervellotico quello che è successo. Un ministro che fa il suo dovere viene incriminato per avere fatto il suo dovere. Se condannassero un ministro perché fa il suo dovere sarebbe veramente un paradosso, quindi mi auguro che Salvini possa essere assolto, ha tutta la mia solidarietà - chiude Tajani -, anche perché abbiamo vissuto esperienze analoghe con Berlusconi. Io credo sempre nella giustizia giusta, quindi mi auguro che ci sia un giudice in Sicilia».

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