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Alex De Minaur? "Vieni, fatti abbracciare": Sinner senza pietà, dopo un'ora di gioco...

Claudio Savelli
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Dopo un’oretta di gioco il sentimento collettivo non poteva che essere un: Alex de Minaur, vieni, fatti abbracciare. Jannik Sinner lo stava prendendo a pallate come nelle nove occasioni precedenti, trasformando un quarto di finale in una specie di allenamento ma con il peso di avere attorno i connazionali australiani. Il buon de Minaur non avrà tutta questa classe nel gioco ma ne ha da vendere in quanto tennista e atleta perché ogni volta si danna l’anima per risolvere il rebus-Sinner, non ce la fa (stavolta 6-3 6-2 6-1 per l’azzurro in un’ora e 48 minuti) e la volta dopo ci riprova come se fosse la prima. Applausi a lui, oltre che al pubblico australiano che rispetta le difficoltà del suo beniamino, capendo forse che è meglio essere rappresentati da un de Minaur piuttosto che da un Kyrgios, senza fare nomi ma solo cognomi.

E applausi a Sinner, ovviamente, che ha il potere di ridurre il numero 8 del mondo a uno sparring partner qualunque. «Ero in forma perché ho potuto dormire di più»: alla faccia, fatelo giocare sempre di sera (australiana) allora. Ma, a proposito di sparring partner, ovvero il tennista ingaggiato per allenare i numeri uno, è su questo che Jannik non deve dormire. È su questo che si gioca una fetta della semifinale (di nuovo nella serata australiana e quindi domattina attorno alle 9 italiane in diretta Eurosport) contro Ben Shelton, bravo e fortunato contro Sonego che ha sprecato nel tie-break del quarto set (6-4, 7-5, 4-6, 7-6 per l’americano in tre ore e 52 minuti).

 

Una vigilia di palleggi con Vagnozzi («Ha una mano migliore della mia», spiega Sinner) e Cahill («Slice pazzesco, non lo sbaglia da quarant’anni») non è più fattibile avendo di fronte un ragazzo del caos, non più il principe dell’ordine. Shelton è un mancino con mille palline diverse da proporre, non sempre quella piatta e pulita di de Minaur, e si sa che Sinner fa più fatica contro un tennis matto piuttosto che contro uno solido. Ecco perché l’australiano dopo un’ora di gioco meritava un abbraccio: non avendo alternative tecniche provava ad alzare l’intensità dei colpi, ma così facendo tornavano indietro elettrodomestici. Insomma, de Minaur è lo sparring partner ideale per Sinner perché lo mette subito in ritmo, gli fa sentire subito forte e chiara la pallina sul piatto corde, mentre Shelton (già svezzato da una semifinale Slam (Us Open 2023, perse contro Djokovic in tre set) può essere il contrario.

L’americano ha raccontato qualche giorno fa che lui, essendo mancino, non viene mai chiamato per fare lo sparring partner, quindi non sa mai con chi palleggiare nei giorni di torneo. Se si ribalta la visuale, ora è Sinner ad avere un solo allenamento per prepararsi ai tiri mancini, in particolare il servizio che, dice Sonego, «è davvero fastidioso, rimbalza strano». Non a caso Vagnozzi e Cahill si erano portati avanti e, prima del quarto di finale, avevano già chiesto all’organizzazione dell’Open di proporgli qualche ragazzo di mano sinistra da mettere al di là della rete quest’oggi. La semifinale inizia in anticipo sul campo 8 del circolo di Melbourne, il preferito di Sinner per gli allenamenti. Poi una lunga dormita “alla Jannik” e via sulla Rod Laver Arena per dare a noi il buongiorno e a Shelton, si spera, il benservito.

 

 

 

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