Milan, Marco Giampaolo rischia di perdere credibilità: ennesima sconfitta per la squadra contro l'Udinese
Non è una forzatura dei media, stavolta: anche se siamo solo alla seconda giornata, Marco Giampaolo rischia. Non di perdere il posto (per quello sì, è davvero troppo presto), ma di perdere la fiducia dell' ambiente e la credibilità. E non tanto perché il suo Milan ha toppato all' esordio, ko 1-0 in casa dell' Udinese, piuttosto per come ha perso: senza mai tirare nello specchio della porta, senza un' idea. Il Milan non gioca come Giampaolo vorrebbe, è evidente e lo ha detto pure lui, il dubbio è se sia in grado di farlo con questi giocatori. Al bivio del mister, per uno scherzo del destino, si palesa una ex molto particolare: il Brescia (alle 18, diretta Dazn), la società da cui il tecnico sarebbe dovuto ripartire nel 2013, 600 giorni dopo l' esonero di Cesena (con cui aveva conquistato solo tre punti nelle prime nove partite). Era sbarcato in città per rilanciarsi, finì per abissarsi: la sua avventura, infatti, fu un fallimento, reso ancora più pesante dalla nota telenovela. Dopo la sconfitta del suo Brescia con il Crotone alla quinta giornata di B, Giampaolo fu chiamato dagli ultras, che lo avevano contestato fin dal primo minuto, per un confronto, mentre il presidente Corioni, dopo averlo rassicurato pubblicamente, disse che avrebbe preferito «concentrarsi sulle sciocchezze» commesse dal tecnico in campo. Fu troppo. 'indomani, Giampaolo sparì: si rifugiò in casa, con il telefono spento. Tre giorni di buio, si attivò perfino "Chi l' ha visto?" rendendo la situazione grottesca. A quel punto si fece vivo per rassicurare sulle sue condizioni e rassegnare le dimissioni. Spiegò poi alla Gazzetta che «era stata messa in discussione la sua dignità» quando la Digos lo aveva obbligato a parlare con i tifosi «per motivi di ordine pubblico». CADUTA e resurrezione Giampaolo dovette ricominciare dalla Cremonese, in Lega Pro. Il paradosso è che la sua storia personale è simile a quella del Brescia: dal fallimento alla resurrezione. Solo che ora Giampaolo traballa, mentre il Brescia, grazie al successo con il Cagliari, si presenta al Meazza con la mente sgombra. E il paradosso è che le Rondinelle, ora di Corini, giocano "alla Giampaolo": con qualità e personalità, a memoria, e con quel 4-3-1-2, che nel Milan è stato subito messo in discussione dallo stesso Giampaolo. In particolare, il problema è l' attacco disegnato con un trequartista (Suso) e le due punte (Piatek e Castillejo). Perché Suso rende di più se parte dall' esterno, Piatek ha bisogno di spazio, e Castillejo è un esterno vecchio stampo. Giampaolo, a caldo del ko alla Dacia Arena, ha ragionato a voce alta, ammettendo che forse sarebbe stata necessaria una nuova disposizione offensiva. È stato sincero e trasparente, come è nel suo stile, forse troppo considerando che in una grande come il Milan il margine di errore è ridotto e l' immagine conta. Forse se ne è accorto, perché alla vigilia della sfida al Brescia ha cambiato tono e contenuti: «Posso spostare un giocatore», probabilmente sarà Suso, che si allargherà a destra in un 4-3-2-1 al fianco di Castillejo e dietro al solo Piatek, ma «non cambierò la filosofia». Giusto, anche perché è stato scelto per imporla. Ma «ci vuole tempo», precisa: è vero, come è vero che l' obiettivo è iniziare quantomeno a intravederla, questa filosofia. di Claudio Savelli