Vittorio Feltri, Varenne e Luciano Moggi: "La più grande scemenza della mia vita"
Varenne è il nome di un cavallo unico al mondo. Il migliore Trottatore in pista. Non ha vinto tante gare, le ha stravinte con una facilità stupefacente per noi amanti dell' ippica. È diventato nei lustri un divo noto e ammirato anche da chi non capisce nulla di equini. La sua carriera è stata formidabile, costellata da una serie di trionfi in Italia e all'estero. Una volta in Francia, all'Arc de triomphe, gli hanno fatto ripetere tre volte la partenza per presunte irregolarità e lui, il Capitano, come veniva chiamato, è sempre partito in testa come un siluro e alla fine della prova valida è arrivato primo. Un miracolo. Lo sforzo che gli è stato richiesto nella circostanza è stato enorme, e il campione lo ha sostenuto con una ammirevole disinvoltura. Un animale così non si era mai veduto. Non ha mai avuto necessità di essere guidato dall'individuo seduto sul sulky, ha sempre deciso lui le strategie della corsa. Osservava i concorrenti, ne misurava la potenza e la resistenza e si regolava di conseguenza per batterli, e li batteva, sistematicamente. L'intelligenza di Varenne è sorprendente. Leggi anche: Vittorio Feltri sulla superiorità delle donne L'ultima sua competizione, prima dell' abbandono agonistico, si svolse in tal modo. Il suo driver era indisposto e gli subentrò l'allenatore, l'uomo della routine. Il cavallo e il suo guidatore improvvisato non fecero una piega, provvide il grande atleta quadrupede, il quale al momento opportuno piazzò lo scatto per distaccarsi dagli avversari e avviarsi in solitudine al traguardo. Che spettacolo! Un cavallo talmente arguto e solido da potersene fottere della persona incaricata di tenere le sue redini. Io da gentleman driver ho disputato varie gare al trotto, benché preferissi montare, e alcune le ho vinte ma non ho mai usato la frusta. È assurdo picchiare queste meravigliose bestie: esse sono collaborative e generose, danno tutto ciò che hanno senza bisogno di essere punite o stimolate con la verga. E Varenne non è mai stato picchiato. Si sarebbe offeso, forse disgustato. Ciò non gli ha mai impedito di trionfare in qualsiasi ippodromo nazionale e internazionale. Un fenomeno. All'inizio della carriera Luciano Moggi, il mago del calcio, mi propose di comprare il Capitano in società, ma ne sconsigliai l'acquisto adducendo questo motivo: ha un problema ai garretti anteriori. Fu la più grande scemenza della mia vita: Varenne guarì in fretta e inanellò una serie di successi impressionante. Mi batto il petto per il pentimento. Il destriero sarebbe diventato il mio quinto figlio. Non importa. L'ho amato lo stesso, come ho amato la sua assistente, Anna, che lo ha accudito da mamma. Lui non poteva fare a meno di lei, e lei non poteva fare a meno di lui. Sono vissuti in simbiosi per quasi venti anni. E ora che la signora è costretta ad abbandonarlo perché in procinto di essere pensionato pure nel ruolo di stallone, si dispera. La comprendo. Anche io, quanto questa donna eccezionale, amo i cavalli e Varenne è un idolo. Non mandatelo in un ospizio, merita di continuare ad essere un re. Alcuni giorni orsono un mio vecchio trottatore, Rif, 28 anni, smise di mangiare poiché aveva i denti guasti. Glieli ho fatti sistemare, 3 mila euro e rotti. Ha ricominciato a nutrirsi alla grande e sta bene. Ne sono felice. Gli voglio bene. Viva i cavalli, viva Varenne, amico mio. di Vittorio Feltri