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Italia, evviva Roberto Mancini: cosa ha dimostrato la vittoria sofferta contro la Bosnia

Davide Locano
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È giunto il momento di non essere italiani. La Nazionale ha faticato contro la Bosnia pur giocando come ha sempre fatto ultimamente, dunque è possibile che i critici trovino terreno fertile. Diranno che la bella Italia è stata un' illusione, che questo gioco di palleggio e possesso non fa per noi, che non è questa la strada da seguire, che dobbiamo tornare alle origini, che alla prima partita difficile la squadra di Mancini si è mostrata fragile e difettosa. Si sbagliano e il nostro dovere, in ogni sede, che sia un giornale o un bar sport, è ripeterlo fino alla noia. È la nostra occasione per crescere e guardare il calcio da una prospettiva nuova, più attenta alla prestazione e al senso della squadra che al risultato ottenuto. Quest' Italia ha valore e lo ha dimostrato anche con la Bosnia perché di fronte alle difficoltà ha giocato come aveva fatto finora. Non ha perso il filo, non si è snaturata. Può diventare un limite durante una competizione breve come un Europeo, ma è di certo un pregio nel periodo della ricostruzione. Leggi anche: Sondaggio, vi diverte l'Italia di Mancini? Non dobbiamo infatti dimenticare da dove veniamo, chi eravamo appena un anno fa quando Mancini cominciava la sua avventura in azzurro: un insieme di giocatori, non una squadra. Ora lo siamo e sono trascorsi solo dodici mesi, molti nel calcio ma pochi per non avere più difetti. Ricordiamoci anche che non dobbiamo essere per forza i migliori, non lo siamo mai stati, nemmeno quando abbiamo vinto. Semmai è necessario avere un' identità precisa che sia una guida sicura in futuro, quando arriveranno momenti difficili. L' avessimo avuta prima degli spareggi per i Mondiali non saremmo stati esclusi. L' identità è essenziale nel calcio di oggi, è come una stella polare: la si ignora quando si batte la strada corretta ma la si cerca quando si perde l' orientamento. E Mancini la sta costruendo, non può una partita opaca mettere in dubbio il suo lavoro. La fedeltà ai principi di gioco paga sempre, infatti nella ripresa l' Italia ha ribaltato la partita giocando come aveva iniziato e disinteressandosi del risultato negativo. Per paradosso c' è stato qualche problema di troppo in una difesa che sembrava il punto forte della squadra, stando ai numeri: la rete di Dzeko ha infatti interrotto un' imbattibilità lunga 600'. Ma è un problema tattico e di abitudine, basta lavorarci per risolverlo. Dunque torniamo al punto di partenza: lavorarci significa insistere su questo tipo di gioco, ripassare tutto infinite volte fino a replicarlo a memoria. Poi è arrivato lo splendido gol di Insigne e il sigillo finale di Verratti, un secondo promemoria utile per gli scettici: oltre al gioco, abbiamo anche buoni giocatori. Il napoletano e il pescarese sono tra questi, possono essere sempre decisivi, basta che percepiscano fiducia. Pensiamo piuttosto che manca ancora la continuità di Bernardeschi e di Chiesa, la crescita definitiva di Barella, l' apporto anche fisico delle riserve come ha dimostrato Belotti. C'è del potenziale evidente e ce n' è altrettanto inespresso. Serve pazienza per sfruttarlo e il dato di fatto è che questa Italia se la merita. di Claudio Savelli

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