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Supercoppa, Donadoni e quei sei mesi in Arabia Saudita: "Mia moglie doveva mettere il velo"

Gino Coala
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Non ci voleva certo la Supercoppa italiana giocata in Arabia Saudita e le surreali regole contro l'accesso allo stadio per le donne a farci scoprire che il Paese saudita non fosse proprio la patria dei diritti e della parità di genere. Di italiani poi che hanno lavorato nel calcio saudita ce n'è, come l'ex milanista Roberto Donadoni: "Posso dire con cognizione di causa che si tratta di luoghi nei quali, se non ci vai, non puoi renderti conto di come si vive - ha detto a Repubblica - Non bastano certo tre o quattro giorni per cambiare le cose". Proprio a Gedda, Donadoni ha avuto un'esperienza emblematica con sua moglie: "Io ci ho vissuto per sei mesi, da novembre ad aprile. La ritengo un'esperienza importante della mia vita, non solo per la carriera. Mia moglie andava e veniva dall'Italia. Quand'era a Gedda, doveva vestirsi con l'abaya e mettere il velo, sempre. La polizia morale, i mutawa, vigilava col frustino per chi sgarrava".

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