Michael Schumacher, parla Melania Rizzoli: "Perché ormai non può che essere un vegetale"
Chi compie oggi 50 anni, il Michael Schumacher che tutti conoscevamo, il pilota tedesco campione indiscusso della Formula 1, titolare di sette titoli iridati consecutivi e un numero infinito di record mondiali, o un altro Schumacher, quello che resta dell' uomo che era, un corpo vivo e vegeto, muto e immobile, senz' anima e senza coscienza? A cinque anni esatti dal drammatico incidente di sci sulle nevi di Méribel, a Les Brames, sulle Alpi francesi, quando Schumi aveva 45 anni, era un atleta ancora nel pieno del vigore, e rischiava quotidianamente la vita sfrecciando a 300 km all' ora nell' abitacolo della sua Ferrari, e quando un destino beffardo e brutale gli ha spaccato la testa e lacerato il cervello quasi da fermo, facendolo precipitare in un coma dal quale non si è mai più risvegliato, del suo reale stato di salute si sa poco o nulla. Le cronache di queste settimane riportano un articolo pubblicato in prima pagina sulla Bild, dal titolo «Così vive Schumacher oggi», che tenta di riaccendere le speranze dei suoi lettori su una possibile ripresa dell' ex campione di Formula 1, raccontando che nulla è rimasto intentato per velocizzare una sua eventuale guarigione, affidata ai più noti specialisti neurologi e a 10 esperti di riabilitazione, che ogni giorno assistono Michael in ogni modo, anche facendogli ascoltare il rombo del motore del suo vecchio bolide, sperando di suscitare in lui un' emozione, di carpire una reazione o stimolare un singulto, e dichiarando che comunque il famoso tedesco non è più in pericolo di vita. Il tabloid conclude l' articolo affermando: «Ma c' è una ragione perché Schumacher dall' incidente di cinque anni fa non è più potuto apparire in pubblico», senza aggiungere ulteriori commenti e lasciando quindi un alone di mistero sulle sue reali condizioni cliniche e neurologiche. Le visite e la privacy - I gravi danneggiamenti del tessuto nervoso del cervello e del midollo spinale non sono riparabili, a differenza di tutti gli altri tessuti umani che sono in grado di rigenerarsi, e quello di Schumi non fa eccezione. È quindi improbabile che il famoso pilota possa "risvegliarsi", ovvero riconnettere tutte le sinapsi encefaliche distrutte e ormai cicatrizzate, tornare ad uno stato di coscienza normale, dopo un coma scivolato in uno stato vegetativo che dura da cinque anni e mai smentito, poiché in questo lungo periodo di tempo, anche se sono stati annunciati continui progressi, ed anche se lo stato di coscienza avesse raggiunto il minimo livello, non ci sarà nessun ritorno alla vita attiva e fisiologicamente normale. Raccontano che Michael viene spesso messo in poltrona e portato a guardare il panorama delle sue montagne, ma sono pochissime le notizie trapelate fino ad oggi sulle sue reali condizioni neurologiche, e la moglie Corinna, che veglia il suo uomo da quel maledetto giorno, i due figli e quanti lo circondano, non hanno mai parlato per privacy e giusta riservatezza. I pochi che hanno accesso al suo capezzale, come Jean Todt, suo grande amico e general manager, o padre Georg Gänswein, il braccio destro di Papa Ratzinger, hanno dichiarato di averlo visto ma non di aver parlato con lui, di avergli tenuto le mani e di averlo guardato in faccia, la quale «è rimasta quella che tutti noi conosciamo, soltanto un po' più piena». Nessuno ha riferito una reazione, una emozione, una parola, un sorriso, un lampo degli occhi di quell' uomo inerme, immobile e muto, immerso da anni nel suo silenzio interiore. Certo l' ex ferrarista, l' uomo di ghiaccio, il fenomeno dai nervi d' acciaio, ha ancora il suo cuore che batte, il corpo che respira, che combatte e cerca di reagire, di risorgere dal buio profondo della sua coscienza perduta, svanita e spazzata via da un banale incidente che lo ha condannato all' oblìo, ma per questo tipo di pazienti le speranze si infrangono contro le rigide regole della natura, quella che gli uomini di scienza non sono ancora in grado di manipolare, modificare o risolvere. Per approfondire leggi anche: Parla la moglie Corinne: "Tutto ciò che è umanamente possibile" Perché anche se la rieducazione prosegue senza sosta, se la fisioterapia è quotidiana, se l' alimentazione e l' idratazione sono costanti ed autonome, tutte queste cure sono utilissime a mantenere un corpo reattivo, gli organi funzionanti e i suoi muscoli in tono, ma sono altrettanto inutili ed inefficaci a richiamare la coscienza, che è l' unica funzione cerebrale e neurologica per la quale non esiste ancora una terapia specifica medica o chirurgica. La salute di Michael Schumacher è certamente un fatto privato che merita discrezione e rispetto, e parlarne senza conoscere la cartella clinica è scorretto e deontologicamente riprovevole, soprattutto nei confronti della sua famiglia che gli si stringe attorno, che lo protegge e lo custodisce in una camera del suo castello vicino a Ginevra, circondandolo di amore e sostenendo la campagna «Keep Fighting» ( continua a combattere e lottare) in favore di tutti coloro che si trovano nelle condizione di Michael, molti dei quali invece arrivano in Svizzera in una delle cliniche "della dolce morte" per arrendersi ad una malattia che non guarirà mai più. La scienza e le certezze - Ma non è questo il punto. Michael Schumacher è un simbolo, un campione conosciuto ed amato in tutto il mondo, con milioni di ammiratori che lo ricordano e che guardano a lui come esempio di forza e di volontà, e che sperano davvero che si rialzi in piedi, che torni sul podio e si faccia rivedere mentre stappa lo champagne con il suo sorriso stampato in faccia. Purtroppo in medicina i miracoli non esistono, anche se la scienza lo ha riportato in vita strappandolo alla morte cinque anni fa, riattivando tutte le sue funzioni organiche e fisiologiche, ma senza poter riaccendere la sua mente, relegandolo in un limbo silenzioso e solitario, in una esistenza sospesa, non più vigile e non più cosciente, quindi senza speranza di parlare, di sentire, di camminare, di amare o di sorridere, perché nessun paziente al mondo è mai risorto da una tragedia simile, da un danno cerebrale così violento e devastante, se non rarissimi casi, rimasti con handicap gravissimi incompatibili con una vita autonoma e degna di essere chiamata tale. La famiglia non ha mai smesso di sperare, di lottare ostinatamente senza farsi travolgere dal destino, e tutti i fans di Michael continuano a sperare nello stesso identico modo, ma sappiamo tutti che la scienza non si alimenta di speranze e vive solo di certezze. Quelle che nessuno specialista al mondo è oggi in grado di assicurare o di promettere al più grande e al più amato dei campioni al mondo. di Melania Rizzoli