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Serie A, il disastro dietro le fatiche della Nazionale: giocano più stranieri che italiani

Giulio Bucchi
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Il calcio ha bisogno di restringere le frontiere? Se ne torna a parlare in Gran Bretagna, dove le negoziazioni sulla Brexit hanno spinto la Premier League a presentare la proposta di ridurre a 12 gli stranieri nelle rose del calcio inglese. Un modo per favorire i calciatori di casa, ma un bel problema per chi come il Manchester United ne vanta 17 su 25, il massimo consentito dall' attuale regolamento. Ma come stanno le cose qui in Italia e in Serie A? E la nostra Nazionale? L' esclusione dai Mondiali un anno fa e le enormi difficoltà che stanno incontrando ora gli azzurri possono dipendere da questo fattore? Sicuramente sì. Roberto Mancini ha iniziato l' esperienza da ct lanciando l' allarme sul poco spazio riservato agli italiani, anche se qualcuno gli ha rinfacciato la sua spiccata esterofilia durante gli anni sulla panchina dell' Inter. La realtà è che il commissario tecnico non sembra avere tutti i torti. Su 438 calciatori impiegati finora per almeno un minuto dalle 20 squadre di Serie A, 264 sono stranieri (60%) e 174 italiani. Nello scorso campionato, allo stesso punto della stagione, i giocatori non italiani scesi in campo nei primi 12 turni erano stati 245, cioè 19 in meno. Il problema era già emerso nella composizione delle rose al termine del calciomercato: al via del campionato 2018/19, gli stranieri tesserati erano il 57,6%. Un dato in crescita rispetto al 2017/18, anno in cui il dato era calato al 53,2% dal 56,6% dell' anno precedente. Sembra così dissolto l' effetto positivo della riforma Tavecchio, che ha obbligato le squadre a presentare in rosa quattro giocatori di formazione italiana e altrettanti cresciuti nel proprio vivaio. In Inghilterra, tanto per fare un confronto, gli stranieri sono 268, il 67,9% del totale (28 sarebbero in esubero di cambio del regolamento). Quello italiano è, dunque, il secondo dato più altro dietro quello della Premier, ma peggio di Bundesliga (52,5%), Ligue 1 (49,5%) e Liga (41,2%). Il primato di esterofilia, secondo i calcoli di Eurosport.it, si registrano sorprendentemente in provincia: 18 stranieri ciascuno sono stati utilizzati da Bologna e Fiorentina, stessi numeri di Napoli e Lazio. La Juve è sempre meno patriottica (14), mentre il Milan si ferma a 11 anche se è la squadra con la rosa più corta, avendo schierato in campionato appena 18 giocatori diversi. Sotto la doppia cifra troviamo Spal (9), Frosinone (8), Cagliari (8) e Parma (6). E gli emiliani hanno sempre schierato almeno otto italiani nella formazione titolare. Qualche notizia positiva in più arriva dai dati sui minuti giocati: guardando ai più presenti di ciascuna squadra, aumentano le facce italiane. Oltre agli insostituibili con 1.080' in campo come Cristiano Ronaldo (Juve), Koulibaly (Napoli) o Suso (Milan), figurano anche Biraschi (Genoa), Ferrari (Samp), Caputo (Empoli) e Acerbi (Lazio). Insostituibile o quasi nella Spal è Lazzari, così come Barella nel Cagliari: per entrambi pochi attimi fuori dal campo e 1.075' giocati. Poco, troppo poco per non costringere il ct a guardarsi letteralmente intorno. Il primo esempio è la convocazione del paisà Vincenzo Grifo, cresciuto in Germania. Si era fatto più di un pensiero su Allan, ma il Brasile si è affrettato a convocarlo per non perderlo. E si fanno già i prossimi nomi degli azzurrabili: il brasiliano Luiz Felipe della Lazio, da tempo alle prese con le pratiche del passaporto, a Sebastian Driussi, ala argentina di origini tricolori che ha conosciuto il tecnico italiano allo Zenit. E resta sempre aperta la strada che porta anche all' atalantino Rafael Toloi. Anche se un altro Roberto Mancini, quello del 2015, sosteneva che «la Nazionale italiana deve accogliere esclusivamente italiani».  di Francesco Perugini

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