La versione di Branca: "Io raccomandato? Non sarei qui dopo 10 anni"
Il direttore tecnico nerazzuro: "Progettiamo un'Inter competitiva, ma il diktat è abbattere i costi. Sneijder è finito sul mercato perché non voleva collaborare"
Pochi preamboli, parla Marco Branca. E cioè il direttore dell'area tecnica dell'Inter, e cioè colui che di solito preferisce stare in disparte, lontano da telecamere e taccuini. Non questa volta, questa volta Marco Branca parla: è sereno, chiaro, comunicativo. E scusate se è poco. Dica la verità Branca, siete già in pieno calciomercato... «Mi riesce difficile circoscrivere il periodo del mercato: si pensa sempre al miglioramento della squadra. Ora, è chiaro, stiamo entrando nel periodo ufficiale». Mi faccia un regalo: mi dica uno dei vostri obiettivi per la prossima sessione. «Il nostro obiettivo principale da un paio di stagioni è sempre lo stesso: ridurre il monte ingaggi e gettare le basi per una squadra competitiva. Per questo motivo prima di poter prendere impegni economici dobbiamo capire su che basi possiamo contare». Un'idea ve la sarete fatta... «Bisogna creare i presupposti per vendere. Al momento sappiamo che solo poche squadre “fanno” vero mercato in entrata: Monaco e Psg in Francia, le due spagnole, un paio di inglesi e tedesche». Mi sta dicendo che ci sono diversi giocatori in vendita? «Nel mercato attuale potenzialmente tutti sono trattabili. Poi in base alle opportunità ci saranno delle valutazioni dell'allenatore e della società». Sono arrivate offerte per qualcuno degli attuali presenti in rosa? «Qualcuna, ma non dico di più». Handanovic? «Parliamo di uno tra i migliori portieri in Europa ma non c'è stato nulla di concreto. Conosco molto bene Zubizarreta (ds del Barcellona ndr) e non abbiamo mai parlato di eventuali trattative». Del resto finché non si capisce come finirà la “faccenda Indonesia” è difficile pianificare. A proposito, ci sono novità? «Io ascolto quello che dice il mio presidente e sono al suo fianco. Al momento si sta ragionando, ma non ci sono pressioni né angosce da nessuna parte». Dovessero arrivare gli indonesiani lei che fine farebbe? La preoccupa questa possibilità? «Non mi pongo questi problemi, non è corretto nei confronti del club. Penso sempre al lavoro quotidiano, a fare del mio meglio con le risorse che ho a disposizione». C'è chi l'ha criticata duramente in questi ultimi mesi. «Premesso che accetto sempre le critiche, ho un preciso obiettivo che mi è stato dato dal club: ridurre il monte ingaggi e contemporaneamente essere competitivi nella lotta sportiva. Lo sto perseguendo in maniera concreta e graduale (monte ingaggi ridotto di 48 milioni nell'ultimo anno ndr). I suoi detrattori però se ne fregano dei conti. Dicono “Branca ha sbagliato le ultime sessioni di mercato”. «Loro non hanno la nostra responsabilità. Con l'avvento di Platini l'aspetto economico e di bilancio è diventato centrale. Sommato alla crisi globale obbliga la società ad avere una attenzione maniacale alla voce “spese”. Tradotto, significa fare sacrifici: di questo non è contento nessuno, ma è un serio dovere a cui dobbiamo sottostare». Questo significa mettere da parte il mercato in entrata. «Assolutamente no. Negli ultimi 18 mesi segnalo l'arrivo e la conferma di ragazzi come Handanovic, Palacio, Kovacic, Guarin, Juan Jesus e molti altri. Lavorando in questo modo abbiamo creato le basi per la conquista degli ultimi 15 trofei, vinti grazie ai vari Cambiasso (arrivato a costo zero ndr), Julio Cesar (0), Maxwell (0), Maicon (6,5 milioni), Ibra (25), Vieira (10), Samuel (15), Milito e Motta (18 più 5 giocatori), Pandev (0), Lucio (5), Sneijder (15), Eto'o (arrivato con 50 milioni in cambio di Ibra e rivenduto all'Anzhi per 22). Direi che qualcosa di buono l'abbiamo fatto no?». Ora però è tutto più complicato, i budget sono diminuiti, gli affari latitano... «Quello che è cambiato nelle ultime stagioni, oltre all'attenzione al costo del cartellino e del salario, è la “tempistica” di mercato. Non possiamo “aggredire”, dobbiamo attendere il momento migliore per ottenere il prezzo più conveniente». C'è chi dice “Branca ha dimostrato di non essere un dirigente in grado di gestire un budget ridotto”. «Nel calcio si può affermare tutto e il suo contrario: la realtà è che ci sono momenti e cicli. Bisogna saper supportare il club nei momenti fantastici e in quelli difficili». C'è chi dice che lei sia un raccomandato. «Sono abituato alla concretezza e ai fatti. Le raccomandazioni in genere funzionano all'inizio di una carriera, non durano dieci anni». Quest'anno però è stato un disastro. «Con un po' di sorte potevamo essere più competitivi. La variante è stata la quantità di infortuni nel finale di campionato». Sneijder l'ha attaccata pesantemente. «Abbiamo acquistato Wesley quando era fuori dal progetto Real. Con noi ha vinto da subito e ha sfiorato il Pallone d'Oro. Sa qual è la verità?». La ascolto. «Per Sneijder in realtà non abbiamo mai ricevuto offerte ufficiali se non dal Galatasaray. Dopo il triplete non c'è stata nessuna offerta. Noi eravamo contenti al punto che abbiamo ridiscusso e prolungato il contratto. La scorsa estate Wesley si è presentato in ritiro magro, in forma, motivato, capitano della sua Nazionale. Si è fatto male contro il Chievo. A dicembre per questioni legate al suo contratto gli ho chiesto un incontro: volevo discutere di una eventuale “spalmatura”. Avrebbe guadagnato qualcosa in più ma allo stesso tempo avrebbe alleggerito l'incidenza economica stagionale del club. Non ha accettato l'incontro, ma era un suo diritto». E lei l'ha “sputtanato” in mondovisione. «Ribadisco, era un suo diritto, ma d'altro canto era anche nostro diritto dover comunicare che per problematiche economiche uno dei nostri migliori giocatori era sul mercato. Grazie a quell'annuncio si è fatta avanti una società concreta e corretta: il Galatasaray. Loro hanno soddisfatto le nostre esigenze e quelle di Wes. L'abbiamo venduto per 7,5 milioni e alla fine abbiamo fatto una piccola plusvalenza». Farete la stessa cosa con altri giocatori? «Qualcuno si è seduto al nostro tavolo, altri lo faranno». Con Mazzarri si è già raffrontato? «Ci sentiamo tutti i giorni». Parlerete di giocatori, presumo. «Più che altro di “idee di giocatori”. Siamo d'accordo su tutto, sul tipo di pedine che servono all'Inter per tornare ad essere competitiva. Poi, ovvio, speriamo di riuscire ad accontentarlo anche nei nomi». Paulinho è un obiettivo? «È inutile fare nomi in questo momento. È un giocatore che ci interessa ma ora devo esclusivamente pensare a ridurre la rosa». Di Stramaccioni che mi dice? «Ha fatto il massimo, purtroppo sono cose che succedono a chi si mette in gioco». Avete già un obiettivo per la prossima stagione? «Non ci poniamo limiti, ma senza essere ossessionati da questa o quella posizione in classifica. Ripeto: vogliamo tornare competitivi, il fatto di dover disputare solo campionato e Coppa Italia ci aiuterà». C'è chi dice che il suo rapporto con Moratti sia vacillato nell'ultimo anno. «Lascio parlare chi vuole parlare. Non mi pongo questi problemi. Faccio questo lavoro da 30 anni tra campo e scrivania, so che oggi sono qui e domani potrebbe non essere così. Io do sempre il massimo per la nostra squadra e provo a raggiungere gli obiettivi che mi si chiede di raggiungere. Le critiche si dovrebbero basare su fatti concreti e non su simpatie o invidie». In una delle 12 domande, i tifosi si chiedono: “Perché chi lascia l'Inter parla bene di Moratti e male della società?”. «Tutti quelli che parlano male quando se ne vanno e indicano il sottoscritto, si dimenticano per un attimo di tutti i sorrisi e ringraziamenti spesi alla firma del contratto. Detto questo l'Inter viene prima di ogni discorso personale. Educazione e rispetto in ogni caso non devono mai venire meno». Cosa mi dice se le faccio questi tre nomi: Rocchi, Schelotto, Livaja. «Per Rocchi abbiamo speso 300mila euro e ha fatto più di quello che doveva fare. L'affare Livaja-Schelotto nasce da una precisa richiesta tattica del mister: voleva un esterno destro d'attacco. Abbiamo coniugato la crescita di un nostro giovane con la necessità di abbattere il costo di acquisto del cartellino di Schelotto. Poi purtroppo sono arrivati gli infortuni...». Fabrizio Biasin