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Formula 1, il ritratto di Ricciardo: furbo e straripante, il campioncino mette le ali

Andrea Tempestini
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Alzi la mano chi avrebbe scommesso su Ricciardo e la sua Red Bull vincenti in un circuito tra i templi della velocità. Eppure, il giovanotto australiano firma il suo terzo trionfo in grande stile e zitto zitto, come un'operosa formichina, mette in saccoccia punti e fiducia. Meno male che c'è lui, meno male che c'è il suo sorrisone a illuminare un podio troppo spesso occupato da musoni incapaci di festeggiare. Meno male che c'è la sua furiosa arroganza in pista, per cui nulla è impossibile tutto è realizzabile. E' un volpone in una tana di volpi, visto e considerato che soltanto Adrien Newey poteva stravolgere e trasformare una zucca in un missile su quei rettilinei di Spa, incubi per i motorizzati Renault. Trattasi di una specie a tutela del WWF, una classe e un genere da mirare e studiare per l'attitudine rara a sfruttare e approfittare di ogni minima occasione. Dove entra passa, dove non esce allunga. Sotto la pioggia scarico o sotto il sole ispirato, Ricciardo danza di potenza, sfreccia senza remore, gestisce calmo e maturo. Non sbaglia un colpo, umilia statistici ed esperti. A inizio campionato nessuno gli avrebbe dato “due lire”, alla vigilia in Belgio lui stesso ammetteva poche aspettative di risultato. Il risultato, appunto, vede questo ragazzone dall'occhio vispo saperla lunga e farsi passo dopo passo beffa di tutti. Una carica di energia, un'allegria contagiosa, un'aggressività e un'abilità di guida esaltanti hanno sancito la sua consistenza e il suo valore, hanno soprattutto portato rispetto, hanno aperto a nuovi approcci. L'asettica Formula1 pare stridere con Daniel, con la sua spontaneità e naturalezza, con la sua semplicità esuberante: gli appassionati di contro apprezzano ancora di più. Nella testa ora si è insinuato un barlume di speranza, lo stesso barlume che ha fatto di Spa la propria reggia. La Mercedes, superiore e favorita, piange lacrime di coccodrillo, colpevole e ipocrita, piuttosto fastidiosa ed eccessiva, per un conflitto di interesse, quello individuale e di squadra, da sempre noto, storico e irrisolvibile. Non piange né è colpevole invece Ricciardo, che ride perché tutto è possibile, perché sa di aver contribuito allo scoppio della coppia. di Giulia Volponi

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