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Milan, le cinque mosse di Barbara

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Un nuovo ds, mercato, immagine, marketing e stadio. Silvio tace e non spaventa Seedorf, Galliani: «Io non mollo». Ma c'è aria di dimissioni

Matteo Legnani
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A volte un silenzio vale più di mille parole. Quello di Silvio Berlusconi sul futuro del Milan vuol dire solo una cosa: bisogna lavorare per salvare il Milan. A qualunque costo.  Le dure parole sulla «squadra costruita male» restano l'ultimo pensiero filtrato all'esterno dell'entourage del patron. Adriano Galliani nel pomeriggio di lunedì avrebbe atteso e preteso una smentita, ma senza successo: un vulnus nel loro rapporto dopo oltre mezzo secolo di successi. Il legame resta forte, ma la relazione si è incrinata quando si è inserita la terza incomoda: Barbara. Troppo attenta al futuro del Milan per non chiedere una svolta rapida nella gestione del club, lady B ha scalato la gerarchia milanista fino al vertice. Ma ora vuole lanciare il proprio progetto coinvolgendo anche la parte sportiva. L'ira di Maldini - Tra i due ad non ci sono liti in atto, dunque, ma solo la naturale distanza tra chi pensa al futuro tra stadio, bilancio e marketing e chi guarda all'«ultimo secolo» di trionfi. Mentre si consolida il sostegno attorno alla figlia d'arte, però, a Galliani iniziano a mancare gli alleati. Scaricato dalla curva, tradito dai risultati e non difeso da Berlusconi, Adriano è stato bersagliato anche da Paolo Maldini sulla Gazzetta dello Sport: «Mi fa male vedere che stanno buttando quanto costruito con fatica in dieci anni: hanno distrutto il mio Milan», le parole dell'ex capitano da tempo in rotta con l'ad, «Galliani si sente onnipotente. Quando Leonardo spinse per me nel ruolo di ds, rispose che era una figura superata». Una situazione di difficoltà che alla lunga potrebbe spingere il fido Adriano a ripresentare le dimissioni già respinte due volte a novembre. «Mollare? Assolutamente no», ha assicurato ieri, «mi sono imposto il silenzio. Con il presidente parlo tutti i giorni: sono con Berlusconi da 35 anni e finché vorrà sarò sempre al suo fianco». Un moto d'orgoglio di fronte a una situazione di accerchiamento sempre più evidente. Ad attenderlo c'è infatti un mese delicato fino all'assemblea dei soci del 16 aprile: la data fissata da Barbara per l'inizio del suo progetto. Con zero risultati, un bilancio tendente al rosso e una grossa esposizione con le banche (circa 250 milioni di euro, stando al bilancio 2012, chiuso comunque con un lusinghiero -6,9 milioni, anche grazie alle cessioni di Ibra e Thiago Silva), Galliani non potrebbe difendere il proprio operato. E il nuovo contratto gli garantisce uno scivolo dorato nel caso Adriano decidesse di non voler fare da comparsa nella rivoluzione di Barbara. Rivoluzione - Il primo punto sarà la scelta di un ds: Sean Sogliano è la prima opzione che chiede però pieni poteri per poter lavorare, Andrea Berta (Atletico Madrid) e Riccardo Bigon (Napoli) le alternative. Poi si agirà sul mercato con una profonda rivoluzione: via i rami secchi alla Mexes e i parametri zero come Essien; largo alla cessione di Balotelli per ricostruire la squadra (anche con un tesoretto stimato di 140 milioni da vendite e ingaggi pesanti risparmiati). Magari con l'aiuto di papà perché il problema restano le risorse da destinare al mercato. Quelle che può garantire solo la famiglia o un nuovo socio. Ma per attirare uno sceicco serve una nuova immagine, lo stadio di proprietà, abilità commerciali e una squadra che faccia sognare: tutto quello che sta costruendo lady B. Senza dimenticare un allenatore di profilo internazionale come Clarence Seedorf. Le trasferte contro Lazio e Fiorentina saranno importanti, ma, al di là delle voci, non decideranno il suo destino (viste anche le probabili assenze di Montolivo, Bonera e Abate). «Nemmeno Guardiola avrebbe vinto con questa squadra», è il pensiero che filtra dall'universo-Seedorf, mentre lui disegna il Milan del futuro definendo rosa (l'ex compagno Doria è la prima richiesta) e collaboratori (Stam in arrivo). Tanto che l'olandese non ha avuto bisogno di sentire Berlusconi né dopo l'Atletico né dopo il Parma: a Clarence il silenzio di Silvio non dà fastidio. di Francesco Perugini

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