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Sanremo 2025, Luca Bizzarri perde la testa: "Hanno paura di perdere contro dei pagliacci"

Andrea Carrabino
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Il Festival di Sanremo condotto da Carlo Conti è stato un successo sotto tutti i punti di vista. Il primo - il più importante - in termini di ascolti. Surclassato Amadeus che, fino a un anno fa, sembrava quasi il Re Mida della televisione italiana. Tradotto: se non c'è Amadeus, non c'è più televisione, pubblico, introiti pubblicitari. Niente di più falso. Milioni di italiani si sono sintonizzati su Rai 1 per tifare per i loro beniamini. E alla fine ha prevalso il più apprezzato, soprattutto dai giovani. Largo ai giovani, avrebbe detto qualcuno.

Ma quel dato - gli ascolti - può anche essere letto con un'altra lente. I patetici e ridondanti monologhi a cui ci aveva abituato Amadeus nelle passate cinque edizioni del Festival sono scomparsi per precisa volontà del direttore artistico, che - circostanza implicita ma che necessita a quanto pare di essere esplicitata - ha ritenuto opportuno che al festival della canzone italiana a premiare i concorrenti fossero proprio i versi, le note contenute nei brani. Rovescio della medaglia? La sinistra si è ritrovata senza il suo strumento più rodato: il piagnisteo. E allora ha ripescato dal mazzo l'asso di bastoni: la censura.

Degno rappresentante di questa corrente è Luca Bizzarri. Nel suo podcast Non hanno un amico il comico di La7 ha accusato Viale Mazzini di aver censurato i vari Roberto Benigni, Geppi Cucciari e compagnia - poco - cantante. Secondo lui, la colpa è della Rai perché troppo preoccupata di dirigere "un asteroide contro un mare di asteroidi, con la paura di toccarne uno, non importa se piccolo o grande perché ciascun asteroide può danneggiarti la carena. E qualche asteroide, spesso, è seduto in platea".

Da qui, seguendo il suo ragionamento, per evitare di schiantarsi contro un corpo celeste hanno si è preferito restare alla base spaziale. "Allora, come nel resto del palinsesto Rai, la satira semplicemente non c'è più, non si fa - ha proseguito Bizzarri -. L'unico momento è affidato a Benigni, che è il monumento alla satira ma che neppure lui resta da solo su quel palco, fa una battuta che girava su X da 24 ore, paragonando Salvini a Conti, e quasi si scusa perché non si fa più, non è più quello il posto giusto per farlo. E io mi chiedo quale sia, il posto giusto, e la risposta sono i teatri pieni quando si esibiscono i comici che la televisione nazionale fa finta che non esistano, non perché non abbiano successo ma perché abbiamo una classe politica così scarsa che ha il terrore di crollare davanti a dei giullari. Hanno paura di perdere contro dei pagliacci". Un commento che, in un certo senso, farebbe anche ridere. Se solo fosse un comico.

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