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L'anno che verrà, l'urlo liberatorio di Angelo dei Ricchi e Poveri: cos'è successo davvero

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Luca Beatrice
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Tutti o quasi a prendersela con Angelo Sotgiu per l’intervento inatteso che però ha reso indimenticabile il conto alla rovescia a pochi secondi dal 2025. «Me lo aprite il microfono... teste di cazzo» ha più volte inveito contro i tecnici l’ex biondino dei Ricchi e Poveri. Sbagliandosi però, perché il microfono era talmente aperto da far risuonare la sua spettacolare cazziata alle maestranze incolpevoli. Avendo stabilito di esibirsi in playback, i microfoni avrebbero dovuto rimanere chiusi, difficile non lo sapessero lui e Angela, sarà stata una distrazione o forse Angelo ci teneva a far sentire la sua voce durante il countdown.

Dopo la concitazione, il presentatore Marco Liorni ha chiesto scusa ed è finita lì, però l’insulto ripetuto si è trasformato nel caso del giorno, anzi della notte. Sulla storia degli insulti in televisione si sono confrontati diversi esperti e Umberto Piancatelli ci ha scritto anche un saggio, Il peggio della Tv. Risse, insulti, parolacce, gaffes, polemiche, scandali, querele, censure e curiosità dal 1954 ad oggi (Melville Edizioni) enumerando tra gli episodi storici le bestemmie di Leopoldo Mastelloni, le parolacce di Enzo Maiorca, le numerose e spettacolari litigate di Vittorio Sgarbi. Ma qui è diverso, assurdo. Quella di Sotgiu, spalle allo schermo, suona come un’invettiva non si sa contro chi e per quale reale motivo, risulta piuttosto un moccolo liberatorio di uno che vuole liquidare l’anno vecchio senza troppi rimpianti, per giunta bisesto, dove non tutto ha funzionato alla perfezione, anzi.

 



E pensare che per i Ricchi e Poveri di Angela e Angelo il 2024 era cominciato decisamente bene, con il rilancio sanremese del bel pezzo Ma non tutta la vita, singolone dance dal taglio contemporaneo suonato e cantato con convinzione da due quasi settantenni, un duo storico che piace anche ai giovani, invitati per il terzo anno consecutivo al Veglione televisivo di Capodanno per Rai1. Fatto è che le parolacce le diciamo tutti e non bisogna essere laureati alla scuola del rap o del trap per averne diritto. Un “testa di cazzo” non si nega a nessuno, se poi sei carico, eccitato per gli ultimi istanti del 2024, hai bevuto, ti vuoi divertire e vorresti che gli altri si divertissero con te, l’insulto ti scappa, non è neppure ad personam ma piuttosto una generica parolaccia che cade a caso. Non elegante dirla -ma d’altra parte gli show che un tempo si chiamavano varietà non sono esattamente una sfilata di damerini snob, si lavora con ciò che si ha- puerile offendersi e forse superfluo scusarsi, si può anche far finta di niente e tirare innanzi, ma per il nuovo codice deontologico e comportamentale della tv meglio chiedere venia e chiudere il caso.

Personalmente mi ha molto divertito Angelo strizzato in tutina bianca, anello di congiunzione tra Renato Zero, gli Abba e i Bee Gees, ripetere come un ossesso l’insulto incriminato, regalandoci così una scena comica involontaria per vivacizzare lo schema fin troppo prevedibile della serata. Angelo uno di noi, uno che smoccola come un mandriano, che ti dà della testa di cazzo senza motivo, non temendo le figure di palta, chissà cosa gli è saltato in mente e con chi ce l’aveva. Lo avranno redarguito, dietro le quinte, ma sicuramente sghignazzavano come dei pazzi a ripensare all’insulto gratuito di questo personaggio così fuori tempo, al contempo immarcescibile, nella storia dello spettacolo. Un conto è beccarsi della testa di cazzo da Tony Effe o da un qualsiasi rapper che sul turpiloquio ha costruito la propria poetica e la fortuna critica, un altro l’imprevisto di un signore che va fuori di testa senza motivo, alla sua età e con il suo passato da intrattenitore leggero e per famiglie. Questa si che è roba punk, tipo Syd Vicious quando distruggeva My Way di Frank Sinatra. Sempre detto che i veri trasgressivi sono i vecchietti, mica i ventenni.

 

 

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