Adolfo Porry-Pastorel, il paparazzo che spiava Benito Mussolini: la storia
Alla ricerca dell’immagine perfetta, entrambi per passare alla storia. Mussolini come il condottiero dell’Italia, il fotografo perché era tecnicamente bravissimo e al contempo uno spirito libero che non si piegava alle esigenze propagandistiche del regime. Nel ricco programma del TFF Torino Film Festival nella nuova eccellente versione di Giulio Base spicca per qualità la sezione “documentari”, che quest’anno lancia un prodotto nuovo, una forma spuria in cui realtà, finzione e libera interpretazione si confondono.
Così è stato, ad esempio, per l’ultimo lavoro di Pupi Avati, Natale in casa Croce, dove accanto al materiale d’archivio sul filosofo e sulla sua famiglia, il regista emiliano ha fatto recitare attori per alleggerire la trama ed empatizzare con lo spettatore. Discorso analogo vale per Controluce. Il fotografo del Duce, diretto da Tony Saccucci, sulla storia di Adolfo Porry-Pastorel, fotografo, giornalista, reporter, definito da alcuni come il progenitore dei paparazzi, non a caso Tazio Secchiaroli fu suo allievo.
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GLI ESORDI
Nato nel 1888 a Vittorio Veneto, trasferitosi a Roma dove iniziò la carriera di fotografo presso Il Messaggero e poi ne Il Giornale d’Italia, ad appena vent’anni fondò l’agenzia VEDO (Visioni Editoriale Diffuse Ovunque) che portava avanti un’estetica precisa, bisognava trovarsi con la macchina fotografica al posto giusto nel momento giusto. La prima foto storica di Porry-Pastorel data 1915, lo scatto dell’arresto di Mussolini a Roma durante un acceso comizio interventista. Nel 1922 testimonia la Marcia su Roma ma ciò non gli impedisce di inseguire la ricerca della verità sul caso Matteotti, fu infatti suo il primo scatto del ritrovamento del corpo del leader socialista ucciso.
Si arrampicava ovunque, cercava le angolature più incredibili e imprevedibili andando contro qualsiasi principio logico senza tener conto del volere di chi finiva dentro il suo obiettivo. Proprio questa sua unicità lo mantenne in bilico tra chi lo considerava il fotografo ufficiale del Duce e chi, a leggerlo diversamente, un «fastidioso scrutatore del regime». Che Mussolini lo stimasse molto non v’è comunque dubbio: memorabile lo scambio di battute tra i due, «sempre il solito fotografo» e la pronta risposta «sempre il solito presidente del consiglio». Gli altri fotografi immortalavano il Duce dal basso e lui dall’alto, con una artefatta maschera di serietà mentre Porry-Pastorel cercava i rari sorrisi. Che non fosse un propagandista lo testimonia il coraggioso reportage, non pubblicato, dove evidenziava che durante la bonifica della palude pontina, con Mussolini tra i lavoratori, c’erano in realtà più telecamere che braccianti.
CAMERA OSCURA
Nonostante lo spirito caustico, che non faceva sconti a nessuno, Porry-Pastorel fu il solo a restituire l’immagine privata di Mussolini, avendo persino il permesso di entrare in casa e di riprenderlo dietro le quinte. Anche dal punto di vista tecnico fu un innovatore, e infatti nel 1928 partecipò alla Biennale di Venezia con una serie di foto artistiche, mentre nel 1937 attrezzò un furgone a camera oscura mobile per potersi recare là dove capitavano gli eventi e sviluppare in tempo reale il materiale per i giornali, una soluzione che arrivò prima persino dell’Istituto Luce.
Controluce è il quarto film, prodotto da Luce Cinecittà e ispirato al libro Scatto matto di Vania Colasanti (Marsilio), di Tony Saccucci, saggista e scrittore. Insieme alle immagini di repertorio e al ricco materiale d’archivio, il regista ha inserito attori in carne e ossa nello spirito di questo nuovo linguaggio del documentario spurio, misto alla fiction, ottimo più per la televisione che per il cinema.
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