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Qubiko, dalla fabbrica di scarpe alla gloria dei dj mondiali: "Così è cambiata la mia vita"

Leonardo Filomeno
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Dagli insegnamenti del padre jazzista ha tirato fuori un’anima inedita, votata alla musica elettronica. E come un sarto che le stoffe giuste le sa scegliere, ha forgiato uno stile che riconosci all’istante. Il clap, le melodie, le voci, il basso. Nella house di Qubiko ogni cosa è al suo posto. Classe ’85, Giuseppe Di Stasi all’anagrafe, ha conquistato colossi del ritmo come Defected, Toolroom, Ultra, Spinnin’. Capita così che dalla Puglia, dove vive con la sua compagna, debba spostarsi spesso dall’altra parte dell’Europa per un dj set o per incontrare i ‘boss’ di qualche super etichetta… 

Quando esplose Alive era molto diversa la tua vita.
"Lavoravo in una fabbrica di scarpe. 12 ore al giorno, 300 euro il compenso. Era il 2015 e, per le royalties di quel singolo, mi chiesero un numero di conto, che non possedevo. Si trattava di una cifra considerevole. Decisi di dividerla per 12 mesi e mi prefissai che, entro un anno, avrei dovuto dare un senso a quel guadagno, investendolo in quello che sarebbe diventato il mio studio, che ho costruito un pezzo alla volta, da solo. E che ho poi trasferito da Canosa di Puglia, mio paese d’origine, all’interno della mia attuale casa a Bari".
Grazie a tuo padre hai scoperto il jazz e una serie di strumenti. 
"Dall’età di 3 anni, ogni strumento che c’era in casa è passato tra le mie mani. Apprendo in fretta. So suonare il sax, il clarinetto, l’oboe, il basso, la tromba. Si dice che ogni uomo possieda almeno 7 personalità. Le immagino come un mixer, dove un canale è sempre più alto, e gli altri si alzano ogni tanto, quando il principale s’abbassa. Ad esempio, Glory è il tipo di produzione che più mi rispecchia, perché ha più musicalità. Quando la presentai a Defected, con quel chord in evidenza, quasi mi derisero, facendomi notare che quel tipo di sonorità fossero in voga 20 anni prima. A me però piaceva. E alla fine è stata apprezzata".
Nella house un po’ di malizia s’è persa, tra chi campiona all’infinito gli stessi dischi e chi si adagia su schemi sempre uguali.  
"Non amo utilizzare campioni di epoche che non ho vissuto. Eppure devo dire che Disco Connection, fortunata eccezione, mi diede visibilità nel mondo e destò l’interesse del 'boss' di Defected Simon Dunmore. Comunque sì, il produttore medio oggi scarica librerie con suoni 'da classifica' e produce pezzi dozzinali che suonano tutti alla stessa maniera e vanno bene per l’utente medio che ascolta musica 'in classifica'. Molta house anni '90 sembra ancora nuova perché aveva un senso compiuto, il dj aveva un musicista al seguito, si aveva consapevolezza di ciò che si stava facendo. Oggi la convinzione è che conoscere il solfeggio, una minima o una semiminima non sia più necessario".

 

 


 

 

Arriva una scossa o tutto si rimescola e basta? 
"L’incupirsi del mondo di questi ultimi 2 anni si è fatto suono e c’è stata una risalita netta della musica minimale nelle sue varie sfaccettature. Anche Defected ha fatto scelte tese verso questo genere, a volte pure scontate. E qualche colpo a vuoto l’ha sparato, complice l’abbandono di un pilastro come Andy Daniell, ora in FRRR. La previsione è che la house tornerà centrale, oscurando di nuovo questi generi satellite. E che presto ci sarà voglia di ascoltare musica cantata e solare, tra sorrisi, un braccio alzato al cielo e qualche applauso al dj".
Sul versante pop dance siamo quasi a una cuspide.  
"Techno, pop ed EDM saranno presto un’unica cosa. Già adesso nello stesso festival trovi i Maneskin e Marco Carola. I generi interesseranno solo gli addetti ai lavori, ai dj, a qualche nerd. Per la gente comune esisterà solo una frantumazione pop. Per la massaia, il dj è ancora uno che non si capisce che lavoro faccia, mentre se in tv c’è Emma Marrone pensa ‘Che brava che è’ e la reputa pure una cantante professionista, una che fa il suo mestiere. Dunque non credo sia più una bestemmia pensare che un dj possa partecipare ad un live in televisione assieme ad un cantante, anzi solo in questo modo la percezione popolare della nostra professione muterebbe".
Hai detto: "ll modo di proporre musica in Italia è dettato da precise scelte delle major". 
"Quante volte al giorno passare una canzone o a che ora lo decide la casa discografica, dunque un brano non diventa un successo perché davvero è il più ascoltato. Bimbi per strada di Fedez e Ritmo dei Black Eyed Peas hanno rispettivamente all’interno i campioni di Children di Robert Miles e The Rhytmn of the Night di Corona. Chi ha venduto i diritti di quei pezzi sapeva anzitempo che avrebbero avuto una infinità di passaggi e che cospicui guadagni sarebbero derivati da una operazione del genere. Non dico che nelle radio inglesi i condizionamenti non esistano, senz’altro dj come Pete Tong o Mistajam sono in grado di valorizzare talenti veri, non solo personaggi imposti".
 

 

 

 

 

Dopo 2 anni ‘sospesi’ cosa lasciare nel passato del clubbing? 
"La preferenza è sempre per il personaggio più conosciuto o dozzinale, se ti inquadrano più come produttore che come dj il rischio è di ritrovarti i bastoni tra le ruote. All’estero avviene il contrario. E, come per le radio, investono sui produttori di talento, facendoli crescere nei club. Molti locali italiani sono privi di una programmazione, non hanno un’identità, un percorso da seguire. Decidono tutto i promoter. Infatti un sabato c’è Marco Carola e quello successivo il reggaeton. Soprattutto i locali più grandi, sono come dei mostri: ti ingoiano e poi ti spuntano. Basta qualcosa di non gradito ad un direttore artistico e la serata, magari già concordata, diventa un ricordo".
Gigi D’Agostino come ‘scuola’ è insolito per uno che fa house.
"Ha un modo di comunicare e di porsi unico nei confronti della musica, mi ci rivedo. Continuo a studiare gli accordi dei suoi pezzi, dei suoi remix. E’ rimasto immutabile. Forse è l’unico dj al mondo che durante le serate ha il pubblico completamente rivolto verso se stesso. Devo molto anche a produttori come Roberto Molinaro o musicisti come Maury Lobina, conosciuti, assieme a Gigi, durante uno stage nel 2004 alla Bliss Co. Grazie a quel team ho imparato le basi della dance, sono loro il mio background. Avevano un ritmo di lavoro impressionante. Mi dicevano: ‘Siamo la tua ispirazione, ma davanti ad un sequencer devi essere te stesso, senza emularci’. Per esempio, a me piace che il basso sia accentuato, dà un senso all’arrangiamento. Invece l’80% dei produttori è come se si vergognasse di farlo sentire. E’ incomprensibile. Un brano con una sub frequenza, con poca voce, un groove scarno ed un basso piatto, non dice nulla".
Hai detto: “Il mio remix per In My Arms di Ferreck Dawn non lo sopporto più”. 
"Mi fu pagato un decimo di quanto diedero ai Meduza per la loro versione ma ha venduto 20 volte di più (grossa risata, ndr). Scherzi a parte, grazie ad esso si sono spalancate le porte di tanti locali nel mondo. Però sono stanco di doverlo riproporre in certe serate e di richieste ancora con quello stile. Certe persone si fossilizzano sulle cose vecchie. E’ come se non volessero lasciarti evolvere".
Per il lancio della tua etichetta Dansoo è tutto pronto. 
"Partirò a giugno con un ‘remaster 2022’ di ‘Mono Tono’, mio singolo di qualche tempo fa. Usciranno inediti miei e produzioni di artisti che sposano il mio mood. Continuerò a collaborare con le etichette di sempre e, in parallelo, cercherò di far crescere la mia. Anche con produzioni che per queste grosse realtà possono risultare difficili da collocare. Grazie a chi mi segue ed apprezza il mio suono i risultati arriveranno pure dal piccolo".

Prima e durante l’intervista, Qubiko ci ha fatto ascoltare qualche pezzo nuovo. Tra questi c’è la sua versione di Jack Wins - Queen, su Spinnin’ Records. Di grande atmosfera e super pettinata, è l’alternativa house perfetta di una interessante produzione pop/dance di questa primavera. Occhio anche più tirata I Want You feat. Nic Hanson, che uscirà nei mesi estivi su Toolroom Records. Sapore 90s nel cantato e più in generale nel mood, si inserisce nel trittico composto dalle più ‘scure’ Confused e Talking To Myself, sempre sull’etichetta di Mark Knight. Nell’intervista si cita anche la recente Glory. E’ house con venature soul, perfetta per Soulfuric, marchio leggendario oggi sotto l’egida della londinese Defected. 

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