Sanremo flop, la Rai potrebbe essere costretta a ripagare gli inserzionisti
Il pareggio di bilancio del Festival di Sanremo? Un obiettivo che potrebbe rivelarsi irraggiungibile. Già, perché se la kermesse di Fabio Fazio continuerà a raggranellare ascolti disastrosi, la Rai potrebbe rischiare di dover restituire soldi agli inserzionisti pubblicitari. Nel contratto sottoscritto con i "big spender" che occupano le pause commerciali c'è infatti una clausola che prevede il ritorno di parte dell'investimento nel caso in cui la media generale di share della kermesse dell'Ariston finisca sotto al 35 per cento. Lo share - Un rischio concreto, considerando i risultati delle prime due serate. Due flop: la prima conclusa con una media degli ascolti pari al 42,89% (rispetto al 50% sfiorato dall'edizione del 2013), la seconda - un vero e inaspettato tracollo - con uno share medio pari al 33,95% (sotto, dunque, al fatidico 35%) rispetto al 42,89% dell'anno precedente. Se la barra non venisse raddrizzata, insomma, la premiata ditta Fazio&Littizzetto potrebbe costringere la Rai a risarcire chi ha pagato fior di quattrini per la pubblicità. La raccolta - Mano alla calcolatrice, dunque. Il costo del Festival di Sanremo si aggira intorno ai 17 milioni di euro: 10 per la produzione e 7 per la convenzione che la Rai paga al Comune di Sanremo. L'amministratore delegato di Rai Pubblicità, Fabrizio Piscopo, prima dell'inzio della kermesse, aveva annunciato le aspettative della raccolta pubblicitaria: "Ci aspettiamo circa un 5% in più rispetto allo scorso anno, contiamo di chiudere a 17,5 milioni". Dunque - presi per buoni questi 17,5 mln - il saldo del Festival dovrebbe essere positivo di mezzo milione di euro (anche se, come ricordava Beppe Grillo, nel conteggio non figurano i minori intoriti di tutte le altre prime serate Rai in concorrenza con Sanremo dal 18 al 22 febbraio: già questa cifra potrebbe far scivolare il bilancio in rosso). Le cifre - Se però, come si prospetta, la media di ascolti di questo Festival non riuscisse a superare l'asticella del 35% i conti, già ballerini, scivolerebbero in un pesante passivo. Di quanto? Impossibile dirlo con certezza, poiché le clausole dei contratti non sono pubbliche. Si può però ipotizzare una cifra, mutuando un termine dalla politica e applicando una sorta di "proporzionale puro". Il paniere a cui applicare la il "proporzionale puro" è quello composto dai 17,5 milioni di euro di raccolta pubblicitaria, a cui si arriva grazie ai costi affrontati dai committenti: fino a 2 milioni e 250mila euro per 5 telepromozioni di un minuto, una per ciascuna serata di Festival. Dunque, uno spot di 30 secondi, può costare fino a 231mila euro. Cinque "farfalle" (questo il termine tecnico) da 10 secondi costano fino a 676mila euro. Cifre esorbitanti, giustificate però dal fatto che uno share medio del 35% in prima serata equivale a raggiungere 10-11 milioni di telespettatori. La proporzione - Ora applichiamo il "proporzionale puro" a quei 17,5 milioni di raccolta pubblicitaria complessiva. Con una proporzione (17,5 milioni stanno al 35% di share come l'incognita "X" sta al 34% di share) si può risalire a quanto - se il conteggio previsto dalle clausole fosse lineare - può costare alla Rai ogni singolo punto di share al di sotto del 35%: 500mila euro. Dunque, se la media degli ascolti della kermesse dell'Ariston si assestasse al 34%, l'ipotetico pareggio di bilancio sarebbe già andato in fumo. Meglio non pensare nemmeno a quanto ci potrebbe costare il flop di Fazio e Littizzetto se lo share scendesse fino al 33%, o al 32% o peggio ancora più in basso.