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Non è l'Arena, la Iavarone sta con Giletti: "I cantanti neomelodici spacciano i valori della camorra"

Giulio Bucchi
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La professoressa Maria Luisa Iavarone, ospite da Massimo Giletti a Non è l'Arena, si sofferma sull'ormai sempre più imbarazzante vicenda legata al matrimonio trash tra il cantante neomelodico Tony Colombo e la vedova di un boss di camorra Tina Rispoli.  "La canzone classica napoletana, nota in tutto il mondo, ha svolto una funzione culturale importante: essa ha sempre rappresentato la città in maniera oleografica, come una cartolina, raccontandone gli aspetti esteticamente più propri. La canzone neomelodica, che ha cominciato a proliferare dalla fine degli anni '80; non svolge una funzione estetica ma potremmo dire più “sociale”; essa racconta di gruppi subalterni che provano ad emergere cercando riscatto attraverso l'ostentazione di modelli di potere, quasi sempre di tipo economico-criminale. Potremmo definirla -con molti distinguo- una “canzone neorealista”, che diventa giocoforza iperrealista, proprio perché rende protagonisti dei marginali: delinquenti comuni, carcerati, vedove di camorra, latitanti e ragazzi di strada, a rappresentare quella devianza sociale che chiede affermazione di sé. Questi gruppi minoritari provano a diventare dominanti attraverso l'ostentazione di una manciata di status symbol di potere: auto e moto di grossa cilindrata, bottiglie di champagne nei privè, feste pacchiane, telefonini, abiti, firmati, atteggiamenti di potere. La canzone neomelodica celebra il potere opulento, rappresentato dal possesso materiale di beni, valori, oggetti possibilmente pacchiani e vistosi. Questi cantanti piacciono alla camorra perché emergono da quei contesti essendone l'espressione più propria. Le connivenze tra neomelodici e camorra sono evidenti, talvolta naturali. Il mercato musicale di questo genere è drogato proprio dalla camorra, la loro stessa diffusione è alimentata dal circuito dell'illegalità; si pensi al mercato delle cerimonie, all'incisione dei dischi, alle tournee, ai concerti, alle serate e alle feste di piazza, tutto rientra nell'economia del clan. I cantanti neomelodici non spacciano droga ma ne spacciano i valori attraverso la loro voce. Basti pensare anche solo ai titoli delle loro canzoni: Serenata calibro 9, ‘o latitante, ‘o capo clan, ‘o killer… da rabbrividire! Tuttavia, credo che non si debba guardare a questi fenomeni con snobbismo o supponenza liquidandoli frettolosamente come trash. Se butto la spazzatura nel cassonetto apparentemente la getto, in realtà non me ne libero affatto. Con la cultura trash funziona esattamente allo stesso modo: non va buttata in maniera indifferenziata va analizzata, smistata, altrimenti non capiremo mai di cosa è fatta. Le culture minori vanno osservate non con l'occhio del giudizio ma con lo sguardo educativo-diagnostico teso ad conoscere quei virus che si annidano nelle forme della società, di cui la musica ne è una potente espressione, che possono veicolare modelli diseducativi per la formazione dei giovani. Dobbiamo chiedere ai nostri figli a casa, ai nostri alunni a scuola quali film vedono, quale musica ascoltano, quali libri leggono, provando ad entrare un po' di più nei significati di queste scelte e quindi nella relazione che ci tiene assieme per il tramite di questi oggetti culturali”. 

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