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Gad Lerner fallisce l'Approdo: flop micidiale, che cosa non ha funzionato

Maria Pezzi
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Eppure la partenza era stata col botto. La prima puntata del nuovo programma di Gad Lerner, L' Approdo, era stata vista da 1.174.000 spettatori con il 7.4% di share. Il tema trattato (le politiche di Matteo Salvini e l'esplosione del fenomeno leghista dopo il voto europeo del 26 maggio) unito al ritorno in tv del giornalista, hanno fatto far salti di gioia, per gli ascolti ottenuti, al direttore di Rai Tre, Stefano Coletta. Anche perché il risultato è stato veramente notevole, soprattutto per un programma andato in onda in terza serata. Neanche le critiche ricevute per i pesanti attacchi a Salvini, per gli attacchi alle sue politiche sull' immigrazione, hanno scalfito le sicurezze di Lerner e compagni. Anzi, probabilmente, quegli attacchi pensava gli facessero gioco, pensando così di guadagnare attenzione mediatica e quindi ancora spettatori. Leggi anche: Gad Lerner, un flop micidiale: crollo totale degli ascolti, quanto perde in una sola puntata Ma già dalla seconda puntata, con un tema altrettanto attuale come il nazionalismo economico, con i casi Whirlpool, fino ai Cantieri Navali di Monfalcone, gli ascolti hanno subito un rìbasso: 912.000 spettatori con il 6.1% di share. Sempre un buon risultato, ma una evidente flessione, rispetto alla prima puntata. L' effetto novità era già svanito. Perché l' approccio del conduttore e dei suoi ospiti (Angelo Panebianco e Carlo Galli) non deve aver invogliato più di tanto il pubblico a casa. La stessa scenografia (un finto barcone consumato dal tempo e da troppi viaggi al centro dello studio) non ha aiutato a creare empatia con chi è era davanti alla tv e anche l' orario di messa in onda, dopo le 23, non è stato certo di aiuto. «Felice l' uomo che ha raggiunto il porto / che lascia dietro sé mari e tempeste». È la poesia di Primo Levi che si intitola proprio L'Approdo con cui Lerner ha chiuso la prima puntata della trasmissione del 3 giugno. Un ritorno di Gad sul piccolo schermo, per uno che in fondo non l' ha mai lasciato. Dal suo secondo approdo in Rai, dopo la parentesi prima con La7 e poi con LaEffe, durato fino al 2015, il giornalista di Repubblica dal 2016 ha scelto l' amata Rai Tre (dove esordì nei primi anni novanta prima con Profondo Nord e poi con Milano, Italia) per i suoi inediti progetti. Ma qualcuno ne ricorda il nome? Islam, Italia (2016), Operai (2017) e La difesa della razza (2018) non aggiungono nulla al curriculum e alla carriera del conduttore. Lerner ha ormai un suo personale modo di fare giornalismo televisivo. Un metodo che parte da lontano, dai tempi dell' Espresso, dove da inviato fu il primo a parlare delle condizioni degli operai della Fiat, a raccontare e a svelare certe condizioni che sui quotidiani non si raccontavano. vecchio cronista Un giornalismo di inchiesta come non se ne fa più. Negli anni Lerner è poi diventato un personaggio e questo ha inciso anche sul suo modo di fare tv. L' approccio è sempre quello del vecchio cronista: andare sui posti e raccontare quello che vede. Ma a volte si ha la sensazione che l' autore abbia già una sua opinione sul tema e abbia già stabilito come "creare" la trasmissione. Come per esempio, nell' ultima puntata flop di domenica, dedicata alla crisi del mondo radical chic. Il viaggio a Capalbio, la piccola Atene della sinistra italiana, che alle ultime amministrative ha visto vincere un sindaco leghista, o la difesa di un personaggio controverso come Soros, con infine la visita a Renaud Camus, ideologo della teoria della "grande sostituzione" etnica cara alle destre europee, secondo cui l' immigrazione africana e islamica sarebbe favorita dalla grande finanza mondialista. Una "insalatona" di temi vista però soltanto da pochi spettatori. di Giampiero de Chiara

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