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Enrico Ruggeri accusa: "La buona musica la possono fare solo i ricchi. Oggi, uno come Mahmood..."

Davide Locano
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“Le cose interessanti, le cose innovative e rivoluzionarie, le faranno i ricchi”. Lo afferma Enrico Ruggeri ai microfoni di The Shooter , il programma di Pop Economy - la piattaforma diretta da Francesco Specchia anche al 224 del digitale terrestre - condotto da Michele Monina e dedicato, per la prima volta all'economia dell'industria discografica. A ruota libera e senza troppi “peli sulla lingua”, in uno sfogo inedito, Ruggeri continua : “L'economia e la musica hanno sempre viaggiato su percorsi assolutamente divergenti. Se arriva un ragazzino dal Sud o dal paesino e che vince il talent, non puoi chiedergli di fare la rivoluzione. Quello a mala pena deve sperare che la radio gli passi il pezzo e di rimanere un po'lì, mantenere la famiglia, avere il riscatto sociale; se invece hai una solidità economica, puoi permetterti di fare le cose che ti piacciono”. “Lo scenario di adesso è quello della musica digitale, dove guadagnano solo le case discografiche e non gli artisti”- continua Ruggeri - “un artista di vertice, come Mahmood se gli fai i conti in tasca sugli utili di Spotify, guadagna molto meno di quella che viene a casa a tenermi i bambini, ma molto meno”. E qui lancia strali contro i meccanismi nascosti dietro i contratti discografici, compresi quelli capestro legati allo streaming, spiegando che i cantati di oggi,in pratica, per campare possono solo spremersi in migliaia di concerti. E il fenomeno di declino è iniziato nei "discograficamente ricchi" anni 60/70. “Io una volta presi in giro Morandi, gli dissi: – quando tu alla fine degli anni'60 vendevi un sacco di dischi, l'RCA usava i tuoi soldi per finanziare il primo album di De Gregori, di Venditti, di questi che all'inizio non vendevano…Tu ti scavavi la fossa da solo, finanziando i tuoi curatori fallimentari”. Dopo Ruggeri passeranno sotto il torchio e le confessioni economiche di Michele Monina: Gigi D'Alessio, Francesco Baccini, Red Canzian, Anna Tatangelo, Nesli, Syria, Mondo Marcio e Davide De Marinis. Tutti comunque a spiegare dove vanno i soldi e perché i social network e lo streaming hanno desertificato uno dei settori più produttivi del paese.

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