Grande Fratello, se non ti dichiari gay ecco che cosa sei. Follia totale in diretta: chi è il "colpevole"
«Non ne posso più dei pettegolezzi che stanno perseguitando la mia famiglia. Da quando mio figlio è entrato nella casa del Grande Fratello, non abbiamo pace». L' ex naufrago Franco Terlizzi, esasperato dal chiacchiericcio che vede protagonista il figlio Michael, si è sfogato con noi: «Michael ha gravi insicurezze dovute alle sue malformazioni alle braccia, non capisco perché cerchino altre ragioni ai complessi che dicono di vedere in lui. Se davvero fosse gay, sarei il primo a parlarne». L'imperativo dell' epoca sembra essere: «smettere di fingere», ed in questo spirito, un soggetto del quale si sospetti l' omosessualità, deve acconsentire alle insinuazioni, onde evitare di essere tacciato di falsità ed omofobia. Il fatto che egli sia etero o meno è un dettaglio ininfluente. Potremmo esprimere il concetto in altri termini: da una deprecabile fase storica in cui l' omosessuale era costretto al silenzio, si è adesso passati ad una non meno deplorevole in cui è obbligato alla propaganda del suo orientamento, come se questa forma di violenza rappresentasse un reato di minore entità rispetto a quello della repressione. Sempre di coercizione trattasi. Leggi anche: Corna in diretta al Grande Fratello. Francesca De Andrè, una scoperta devastante: ci sono foto e video Amore incondizionato - «Troppa gente sta speculando su questa faccenda», afferma Terlizzi, «ad infastidirmi non è l' ipotesi che mio figlio sia omosessuale, ma il fatto che questo gossip venga usato da chi vuole notorietà. Se mio figlio fosse gay lo abbraccerei più forte di prima». Non esagera nel descrivere la comprensione che rivolgerebbe al figlio in un' eventualità del genere, ed a confermarlo è il fatto che, parlando di Michael, tradisce un amore incondizionato tale da sfociare nella commozione. Peccato che il proposito di tutelare la sfera privata del suo congiunto venga interpretato come omofobia da coloro i quali gli rimproverano di opporsi alle insinuazioni con troppa veemenza. Forse, alle repliche di quest' uomo scosso, non si approccia con la stessa apertura mentale che si pretende da lui: in molti cercano di farlo sentire colpevole e retrogrado per il semplice fatto di salvaguardare la dimensione intima dell' adorato familiare, respingendo in toto le allusioni. Cosa dovrebbe fare, sorridere e bearsi dinanzi a chi sciorina, in diretta tv, le prove che suo figlio sia gay? E perché, per godere dell' approvazione di coloro che lo acclamerebbero per il suo progressismo di padre evoluto? Nessun genitore sarebbe disposto a tollerare il vilipendio della privacy della discendenza, e questo non ha a che fare con l' argomento "omosessualità", bensì con quello di una dimensione etica che dovrebbe essere interesse collettivo tutelare. Infatti, come l' intervistato tiene a chiarire: «Ammettiamo che le cose stiano come dicono, a chi interesserebbe di sapere se a Michael piacciono gli uomini o le donne? Mio figlio, nel suo percorso di concorrente, si è fatto notare per tante cose delle quali ha scelto lui stesso di parlare, ma invece di concentrarsi su quelle si continua a dare voce a questo stupido pettegolezzo». È facile interpretare il punto di vista di Terlizzi: quel ragazzo del quale va fiero si è distinto in mezzo a decine di concorrenti nel rivendicare, senza troppa enfasi e leziosismi, valori quali famiglia, garbo ed educazione, ma tutto questo non basta a chi, riconfermando quegli stessi luoghi comuni che si finge determinato a smentire, riconduce la delicatezza del giovane al suo essere gay. La vicenda dei Terlizzi è emblematica di un' era in cui, per sdoganare i tabù relativi all' omosessualità, si fa leva sulla sensibilità del singolo gay, presunto o effettivo che sia, con l' arbitraria pretesa che egli si racconti per spianare la strada ad un' ipocrita emancipazione, in onore a quei valori di cui ci si dimentica l' autentico significato: «Libertà», enuncia la Treccani, «è la facoltà di pensare, di operare e di scegliere a proprio talento, in modo autonomo». Una definizione simile stride con le prevaricazioni ad opera di chi, in nome della libertà sociale, vorrebbe estorcere all' altro la tanto bramata ammissione. Ad esercitare insistenza sono soprattutto coloro che, fino al giorno prima, hanno mantenuto il più stretto riserbo circa un' omosessualità infine palesata: quasi fossero pentiti della criminalità organizzata che hanno ormai ceduto alla persecuzione, occupano le loro poltrone di opinionisti dal radar sempre in funzione, puntando il dito contro chi vive in una "menzogna" che deve assolutamente essere sbugiardata. Pregiudizio - Se l' omosessualità non gode ancora della piena accettazione da parte di quanti si ostinano ad osservarla con pregiudizio, è anche colpa di coloro i quali, con quest' atteggiamento inquisitorio, presumono di darle un respiro di normalità. Christian Imparato ed Edoardo Ercole: loro che si sono concessi anni per esteriorizzare la propria disforia di genere, senza assoggettersi ai tempi imposti da chicchessia, strumentalizzano oggi il fatto di essersi dichiarati per ostentare una competenza tale da riconoscere gli omosessuali latenti, ingiungendo loro di uscire allo scoperto. «Io ti denuncio» ha intimato Terlizzi ad Ercole, mentre quest' ultimo sosteneva di avere le prove che Michael sia gay. L' ex naufrago è stato prontamente ripreso da Riccardo Signoretti, il quale ha rimbrottato: «Lo denunci con quale accusa? Non è un reato essere omosessuali». Di fatti, non lo è. Invadere la sfera intima altrui, lo è un po' di più, e pur non essendo un illecito che grida al cospetto di una giuria, lo fa al cospetto di un senso morale che esige considerazione. Siamo tutti d' accordo, un orientamento sessuale di genere non è un crimine, un' etica degenere, sì. di Fabrizio Barbuto