Luca Barbareschi, bomba sul cinema italiano: "La mafia dei froci". Fa i nomi, accusa devastante
"Altrove mi rispettano come un professionista che dialoga alla pari con Mamet, Coppola o Polanski, qui sono vissuto come un'anomalia. Non a caso, da trent'anni, non esco a cena con quelli che fanno il mio mestiere. Non amo il pettegolezzo, mi annoierei". Luca Barbareschi, in una intervista a Vanity Fair, lancia delle vere e proprie bombe sul cinema italiano: "Io do da lavorare a più di 60 persone, sto producendo il film di Polanski, il più costoso d'Europa, con 26 milioni di euro trovati da me. Intanto metto in piedi spettacoli e fiction per la tv. Guardi, le faccio vedere la curva più sexy del mondo" e tira fuori il grafico della fiction su Mia Martini. Poi attacca: "Gli altri urlano Barbareschi è una testa di c***o, un bastardo, deve morire, glielo mettiamo al c*** e io intanto faccio il 40 per cento". Poi parla del cinema del passato, del salotto di Morazzano: "Il luogo di reclutamento delle marchette di Roma, dove tutti i grandi registi, quelli iscritti al Pci che fino al 25 luglio del 43 erano stati fascisti di stretta osservanza, passavano in rassegna i ragazzi e davano loro una parte per la loro bellezza, al di là dell'effettivo talento: Tanto poi li doppiamo, dicevano Valli, De Lullo, Zeffirelli, Visconti e tutte le altre signore delle camelie. Tutti indistintamente omosessuali, tutti molto cattivi. Verrà il giorno dei professionisti mi dicevo e invece la professionalità in Italia non è mai nata". E ancora: "Molto cinema italiano si è perso per corruzione, quella vera. Io, Castellitto, Rubini e quelli della nostra generazione abbiamo dovuto aspettare che inciampassero gli altri, i bellocci. Siamo passati dall'obbligo della tessera politica alla mafia dei froci". Ma Barbareschi "no, non sono omofobo e trovo l'omosessualità una cosa meravigliosa. Credo anzi che non fare coming out, non dichiararsi, sia un passo indietro terribile".