Reazione a catena, bomba di Marco Liorni: "Fatto fuori quando ero già in camerino"
Esattamente un anno fa stava lavorando alla nuova edizione di Reazione a catena, poi affidata - a sorpresa - a Gabriele Corsi. E ora che la stagione calda è alle porte, c'è chi ipotizza strane manovre per riportare Marco Liorni al timone del quiz estivo di Rai1. Dica la verità: è una notizia fondata? «È un quiz molto bello, ma no, io non parlo con l' azienda di quel programma dallo scorso aprile. Dovevo farlo lo scorso anno, eravamo ai dettagli operativi, il punto di blu dell' abito da scegliere in base alla scenografia. Però poi ci sono state decisioni diverse della Rai». Leggi anche: Marco Liorni e quel messaggio alla Rai E lei come le ha prese? «Le ho accettate. E ho guardato avanti: ok, quindi che facciamo? Non essendoci stata Reazione a catena, ho avuto la possibilità di fare Italia sì, che mi piace tanto, è libero, è come un figlio». È soddisfatto di Italia sì? «Molto, in un contesto difficile come quello del sabato, con Verissimo da una parte e le partite di calcio dall' altra, abbiamo curve di ascolto in salita costante. Il programma c' è, è qualcosa di nuovo rispetto ai normali canoni tv: un ibrido, un po' varietà, un po' people show, un po' emotainment. La struttura è chiara e scandita, quindi ci muoviamo a 360 gradi sui diversi generi per esaltare le cose di cui ci vengono a parlare nello speakers' corner. E abbiamo ancora tante cose da sperimentare...». Ad esempio? «Ci piacerebbe portare lo speakers' corner in giro per l' Italia, dove stanno le persone. E magari fare feste alle quali invitiamo gli spettatori. Vogliamo scardinare i canoni e esplorare per arrivare a giugno consapevoli di cosa funziona e cosa no». C'è già la riconferma per la prossima stagione tv? «Spero non ci saranno dubbi. È trasmissione con un escamotage narrativo che apre a tutto, adatto a qualsiasi fascia oraria». A giugno scorso ha lasciato La vita in diretta dopo sette anni: perché? «Con l' azienda si stava lavorando su Reazione e quando è saltato, Vita l' avevano già affidata ad altri. Ma va bene: le storie, emotivamente molto pesanti, mi rimanevano addosso, mi svegliavano di notte, come fantasmi. Ma è stata davvero una grande esperienza di vita e una grandissima fortuna averla potuta fare, sia dal punto di vista professionale che umano». La sua partenza ha fatto calare gli ascolti. «Ma no, il gruppo autorale è ottimo e i conduttori esperti. I programmi, almeno quelli di informazione e infotainment, non dovrebbero essere valutati solo per gli ascolti: certi argomenti forse non hanno grande appeal, ma è compito del servizio pubblico trattarli». Come vede l'Italia oggi? «Con tante energie belle e la voglia di ricostruire. Gli ultimi dieci anni sono stati durissimi, la crisi è stata totale e non solo economica, sono esplosi i social, la rabbia, l' indignazione... ma si può invertire la tendenza. Ognuno deve fare il suo: noi cerchiamo di dare spazio a persone che siano di esempio o che magari vogliono fare una denuncia per migliorare lo stato delle cose». Segue la politica? «Sì, per ragioni professionali e perché bisogna seguirla, anche se a volte la trovo stucchevole. Le mie idee politiche le tengo però per me, perché nel servizio pubblico lavoro anche su temi sensibili e poi perché non ho una posizione precostituita e alle elezioni non voto mai partiti ma persone, il singolo candidato e le sue idee». Oltre alla tv, è ora una delle voci di Radio Rai. «Sì, ho una piccola rubrica su Radio1, alle 11.45: tre facce, tre vicende che stanno sui giornali o sulla bocca di tutti, che sono di esempio o divertenti e che fanno riflettere. La radio mi piace molto, entra nella vita delle persone». E lei lo fa sempre con garbo. «Sono semplicemente educato, è normale. Si deve avere attenzione nei confronti del pubblico a casa e sensibilità verso chi hai di fronte». La tv urlata la boccia tutta, insomma? «Il trash dichiarato alla Ciao Darwin mi piace. Credo sia da bocciare l' inganno: fingere di avere empatia e usare il trash o fingere di scandalizzarsi e usare lo scandalo». di Donatella Aragozzini