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Minoli: "La Rai rinuncia al servizio pubblico"

Il giornalista: "La tv di Stato non fa quello che dovrebbe fare. Tutto canone e niente sostanza. Oggi si muove come una rete commerciale"

Michele Chicco
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Rai, servizio pubblico e qualche sassolino che vola via dalle scarpe: Giovanni Minoli, intervistato da Il Giorno - Quotidiano Nazionale, parla di tv di Stato e dice che, alla fine, in Rai mica si fa quello che si dovrebbe: "Che cos'è oggi servizio pubblico per la Rai - dice - non è stato mai esplicitato in modo chiaro dai vertici". La questione, secondo Minoli, ruota attorno al progetto editoriale dell'azienda e al rapporto tra canone e pubblcità: "La Rai è una grande televisione commerciale con uso di servizio pubblico. Credo che dovrebbero rovesciarsi i termini. Penso che le quote di quattrini che arrivano dal canone e che derivano dalla pubblicità, dovrebero fecondarsi a vicenda".  Documentari - E invece l'azienda è gestita come se fosse privata e si lascia da parte la funzione "culturale" che dovrebbe avere una tv pubblica. "Penso che sia anomalo il fatto che la Rai abbia il 45% di quota di mercato. In tutti i paesi d'Europa, i servizi pubblici hanno tra il 30 e il 35 per cento, proprio perché hanno un impegno molto forte nel produrre prodotti di servizio pubblico". E invece in Italia si fa altro: "La Rai non ha serate di documentari in prima serata. La Storia siamo noi veniva sempre citata come esempio di servizio pubblico. E difatti è stata chiusa". La serrata del programma non è mai stata digerita da Minoli, protagonista nei mesi scorsi di un'aspra polemica con il dg Luigi Gubitosi. Oggi Minoli si è spostato a Radio24, dove conduce un programma alla mattina.

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