Pupetta trash e mal recitataMa la fiction con la Arcuri ipnotizza
La serie con Manuela che parla in napoletano e Garko fa il botto. Nonostante tutto...
Il pubblico ha sempre ragione, amava pontificare il mitico Cecil B. De Mille che in vita sua sballò l'appuntamento con gli spettatori soltanto una volta (I crociati). E noi c'inchiniamo davanti a un riscontro Auditel che non lascia dubbi. Pupetta il coraggio e la passione giovedì sera ha radunato quattro milioni e mezzo di telespettatori vincendo la serata. Questo alla faccia dei denigratori che dopo ogni capitolo si radunano su Twitter per dire peste e corna della fiction di Canale 5. Molte denigrazioni non sono poi campate in aria, anzi, alcune le sottoscriviamo senza esitazione. Manuela Arcuri è bellissima, ma è arduo a 36 anni spacciarsi per una diciannovenne (almeno sull'età della protagonista la fiction è fedele al fatto di cronaca nera del 1955). Seconda. Manuela non è nemmeno cagna, ma il suo napoletano è orrido, avanspettacolare. Ci conferma nella convinzione che se è duro per un partenopeo arrivare a un'esatta pronuncia italiana, è una mission impossible per un italiano simulare il partenopeo. La Pupetta del 1955, eroina da tragedia greca per alcuni, sconcia camorrista per altri, con Manuela è diventata una simpatica sciocchina. Davanti al tribunale che l'accusa di omicidio volontario (sei once di piombo nel ventre del capocamorra), lei depone svagata e ciarliera come la Sophia Loren di Ieri, oggi, domani (ma sta parlando di una sanguinosissima faida o del festival della canzone napoletana?). Il povero Tony Musante rinsecchito e rattrappito (sembra calato di 20 cm rispetto all'antico «Sbirro dalla faccia d'angelo») è temibile quanto un pazzariello (la caricatura di un boss, schizzata da un caricaturista di segno grosso). Quinta, il protagonista maschile, il «bello» della situazione, Massimiliano Morra. Se non è il fratello di Gabriel Garko, è certamente suo cugino. Se uno guarda le foto d'epoca, scopre che il vero marito di Pupetta, Pascalone, era un omaccione trucido e i suoi guardaspalle «ometti piccoli così». Ma nell'immaginario tv un camorrista «di rispetto» deve assomigliare a Gabriel. Gli interpreti di media prestanza sono scartati. Vi abbiamo elencato le ragioni per cui la fiction pupettesca dovrebbe essere rifiutata dal pubblico. In realtà sono gli stessi motivi per i quali gli spettatori l'hanno spedita in testa all'Auditel. Il pubblico del melodramma camorrista non vuole l'attore giusto, ma Gabriel Garko. E se Garko è impegnato in altre puttanate, può andar bene anche il giovane Morra. L'accento napoletano di Manuela è penoso? Certo, se si fosse proposta a Eduardo De Filippo, l'avrebbero cacciata a pedate. In realtà, quando la bellissima dice «femmena», non storpia peggio dei tanti dilettanti allo sbaraglio (gli spettatori non vogliono la correttezza, ma la storpiatura). La camorra messa in caricatura involontaria? Io ci andrei piano a definirla involontaria. Non dimentichiamo che il regista è Luciano Odorisio, professionista colto e in altri tempi (Via paradiso) persino ambizioso. Non crediamo affatto che lui ambisse al thriller con risonanze sociali alla Palermo oggi. No, Odorisio voleva il fotoromanzo, alla Grand Hotel e Bolero Film degli anni '50. La dimostrazione è la ricorrente apparizione a chiosare di pagine che ricordano le copertine dei settimanali «incriminati».