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I Montalbano allo specchio:"Fisico a parte siamo dei cloni"

Riondino a Zingaretti: "Da lui ho imparato chi è il mito di CamilleriOra faccio lo scrittore e a 33 anni racconto il segreto del mio successo"

Eliana Giusto
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  di Giovanni Luca Montanino A 34 anni, è già stato diretto al cinema da maestri come Mario Martone, Marco Bellocchio e Daniele Vicari. Inoltre, nel 2012 ha debuttato come regista teatrale. Michele Riondino, noto al pubblico televisivo soprattutto grazie a Il giovane Montalbano, ha deciso di raccontare la sua storia, iniziata in un quartiere operaio di Taranto, in un libro: Rubare la vita agli altri (Fandango Libri, 2013 14.00 euro). Michele, non è un po' presto per un'autobiografia? «Sì, se la si considera tale. Ma volevo ugualmente raccontare la formazione dal nulla di una personalità artistica; di un ragazzo che non rinuncia a giocarsi tutte le sue carte. L'idea mi è venuta chiacchierando con Mario Desiati, autore de Il paese delle spose infelici, romanzo di cui mi sono sentito subito protagonista. Lui è rimasto affascinato da quello che gli raccontavo e, così, mi ha suggerito di raccogliere la mia esperienza in un libro. Io pensavo di non suscitare alcun interesse, invece Mario ha capito che nel mio percorso di crescita (per esempio, nel trasferimento a Roma, che era soprattutto voglia di fuga), molti si sarebbero identificati». Qual è il suo obiettivo di scrittore? «Questo libro ha certamente un valore egoistico: scoprire di avere una passione smodata per la recitazione, da ragazzino e a Taranto non è stato facile; se a sedici anni avessi letto un testo simile al mio, forse mi sarei sentito meno solo. Grazie a Dio, nella vita ho avuto la fortuna di incontrare persone speciali: prima di tutto, l'insegnante che mi ha preparato al provino per l'Accademia “Silvio D'Amico”. Allo stesso modo, qualche anno dopo, ho incuriosito il regista Mario Martone, semplicemente dichiarando in un'intervista che mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Secondo me, avere talento significa anche essere in grado di gestire certe occasioni ed essere dediti a quello si fa». È vero, Michele, che lei ha esordito in un gruppo musicale? «Certo. Ci chiamavamo “Insania”: gli altri componenti continuano a suonare a Taranto. Loro sono veri musicisti, mentre io li accompagnavo strimpellando la chitarra. Non ho mai voluto studiare: per me la musica doveva nascere dalla pancia; ero una specie di punk. Fondamentalmente, avevo voglia di evadere e basta. A un certo punto, stanchi delle mie negligenze, mi hanno cacciato dalla band: una vergogna terribile! Purtroppo, li ho persi di vista. Ancora oggi, però, continuo a suonare ad orecchio». Quando ha capito di essere diventato un attore?  «Subito dopo la scuola, ero molto “docile” e rispettoso delle logiche accademiche; nello stesso tempo, però, volevo rompere gli schemi. Per fortuna, mi sono imbattuto in registi che mi hanno permesso di farlo: Emma Dante per il teatro e Daniele Vicari per il cinema; entrambi mi hanno dato strumenti nuovi e fatto capire chi è l'attore. Gli devo molto: con Vicari, per esempio, che mi ha diretto ne Il passato è una terra straniera, mi sono scoperto appunto nella “terra straniera” del cinema». Che effetto le fa, dopo il successo de Il giovane Montalbano, essere riconosciuto per strada? «In realtà, vivo in un limbo perfetto: la gente mi guarda, ma non mi chiede se sono Montalbano. Piuttosto, mi dicono se ci conosciamo, o se ci siamo già visti da qualche parte». Cos'ha significato per lei questa fiction? «Montalbano mi ha regalato la libertà di scegliere: così, mi sono dedicato per un anno solo al teatro. Attualmente, sono in tournée con due spettacoli e mi godo la soddisfazione di ricevere in platea la gente che mi conosciuto in TV». Cosa pensa de Il commissario Montalbano con Luca Zingaretti? «Ho iniziato a guardarlo quando ho saputo che avrei interpretato il personaggio “da giovane”. Non mi va di parlare del lavoro di un collega, che oltretutto stimo molto. Certo, non era facile, dopo il suo grande successo, interpretare il giovane Montalbano. Però, ho raccolto la sfida e ricevuto diversi complimenti: hanno detto che, nonostante non ci somigliamo fisicamente, c'è una continuità tra le nostre interpretazioni». Che progetti ha per il futuro, Michele? «Leggo molte sceneggiature: me ne interessano due, in particolare, per il cinema. Ma se Andrea Camilleri dovesse scrivere nuovi racconti su Montalbano giovane, sarei pronto e felice di tornare a vestire i suoi panni».  

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