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I giochini della Bignardi: sadica, rapita, narcolettica, complice e...

Daria Bignardi

La Lucarelli passa ai raggi X la Daria più famosa del piccolo schermo: cosa succede se l'ospite non le piace, e cosa invece se l'intervistato è di suo gradimento

Andrea Tempestini
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  di Selvaggia Lucarelli Nella fila di croci di quel cimitero affollato che è il palinsesto de la 7, quest'anno c'è un programma che sopravvive a share e guerre intestine. E senza gente che spadelli analizzando gli elementi  di cosmogonia rintracciabili nello scalogno o vomiti insulti assortiti. Sto parlando de Le invasioni barbariche. Che non solo regge con piglio il passare del tempo, ma va pure meglio degli anni precedenti. Il motivo è semplice e sta in quello che definirei senza esitazione il coraggio di cambiare, di sparigliare le carte e di mutare pelle senza la pavidità tipica dei format collaudati.  Quest'anno, per dire, non c'è più la birra sul bancone durante l'intervista barbarica. Nulla. Neppure un bicchiere d'acqua, un limoncello,  un caffè d'orzo. L'ospite si siede e  alla quindicesima faccia schifata della Bignardi alla sua risposta, non può neppure attaccarsi al boccale e confidare nel coma etilico. Sadismo puro. L'altra rivoluzione epica della nuova edizione de Le invasioni barbariche è la presenza di Geppi Cucciari. Ora, senza nulla togliere alla Geppi che è donna intelligente e simpatica, non si capisce per quale ragione la Bignardi, quando la vede, sia colta da raptus saffico. La prima puntata, nel presentarla, le ha fatto un cappello introduttivo che uno non sapeva più se stesse per entrare la Cucciari o il Dalai Lama. Da Geppi, Daria si fa dire di tutto: antipatica, snob, choosy, qualunquista, cafona, roscia e pidiellina. Roba che se un Brunetta qualunque le dicesse per scherzo un decimo di quello che le dice Geppi, sarebbe già impalato a centro studio. Che poi c'è un' amara verità che va confessata. Da quando Geppi s'è messa a stecchetto, mangia solo yogurt e ha la pancia che ride come quella della Marcuzzi, s'è sì infighita a livelli clamorosi, ma fa molto meno ridere. Il meccanismo è spietato ma vero: ora mentre parla una donna è lì che sta pensando «Maledetta, ora mi dici come hai fatto a passare da una 46 a una 38 senza nutrirti di bacche e radici per un anno» e un uomo è lì che sta pensando «Ah però, hai capito Geppi. Tutto sommato se mi citofonasse le aprirei pure».   Quello che dice, ormai conta meno di quello che si mette. Detto ciò, restano inalterati alcuni punti fermi del programma, quelle certezze a cui lo spettatore è ormai irrimediabilmente affezionato e che sa di trovare quando guarda Le invasioni: a) la faccia schifata della Bignardi quando davanti a sé ha l'ospite  «la redazione ha insistito tanto». Se l'ospite non le è simpatico o non le piace o se nella scala dell'evoluzione lo considera un gradino sotto la blatta fischiante del Madagascar, per tutta l'intervista lo metterà nella condizione di valutare seriamente l'autocombustione medianica per mettere fine al supplizio.  Tra sguardi assassini, smorfie alla Facci e pause per guardare la cartelletta in cerca della domanda più infame come facevano i professori guardando il registro dopo aver pronunciato la frase «Oggi interroghiamo…», l'intervista barbarica denominata «le-stavo-sulle-palle» è un'esperienza che segna più del divorzio con figli in età adolescenziale.  b) la faccia rapita della Bignardi quando, al contrario,  ha l'ospite «Figa di legno sarà tua sorella». Le capita, spesso, con gli attori. Piazzale davanti un Favino e lei è tutta un sorrisino, una svenevolezza, uno sdilinquimento. Con Stefano Accorsi poi, Daria si dimentica pure il nome del primogenito. Ce l'ha lì, dietro al bancone, e la mistress Rottermaier si trasforma in un'adolescente alla prima cotta.  Stefano Accorsi dice «secondo me il Mein Kampf dovrebbe sostituire il sussidiario alle elementari» e lei chiede l'applauso.  c) l'occhio narcolettico  in presenza dell'ospite «Quando ho finito svegliatemi». Succede con gli ospiti nei confronti dei quali prova una totale, plateale, smaccata indifferenza. Le è successo con Belen. La sua faccia mentre guardava la Rodriguez col pancione era quella di chi pensava «Signore fa che le si rompano le acque ora, così faccio rientrare Severgnini». Non la trattava male, no. Peggio. Fingeva di ascoltarla ma giocava mentalmente a Ruzzle. Pare che col nome Belen Rodriguez abbia generato 71 parole in 35 minuti di intervista.  Quando ha spostato l'argomento sulla politica per animare un po' il confronto e Belen ha illustrato la sua teoria sull'urgenza di una rivoluzione civile a colpi di cucchiara sulle pentole, ho temuto che la Bignardi chiamasse l'assistente di studio per chiedere un bicchiere d'acqua  e un narghilè per farsi di crack.  d) l'intervista «Esci da quel corpo!». Ogni tanto, Daria, è vittima di una possessione demoniaca che la coglie in momenti del tutto imprevedibili. Come la piccola Regan de L'esorcista,  lei è lì che discorre amabile con l'ospite di turno, e tra sorrisi e convenevoli a un certo punto le scappa una frase che è generata da il Male. Da Belzebù. Belen dice: «Berlusconi ce l'ha con me perché non gliel'ho data» e lei le risponde «A lui!». Bastianich è lì che ride e scherza e lei commenta una sua foto di qualche anno fa con un imprevedibile «Eri un orrendo ciccione!». Insomma, io fossi in lei come assistente di studio mi prenderei Padre Amorth.   e) l'intervista  «quanto m'attizza la piccozza». Daria nutre una misteriosa e viscerale passione per gli alpinisti. Li intervista tutti. Quelli da parete, da roccia, bassa quota, alta quota, da escursioni o da esperienze estreme. Se vi vede sulla parete per arrampicata da Decathlon, dopo sette minuti netti vi fa chiamare dalla redazione per fissare l'intervista. La ragione di certe infatuazioni di Daria non la conosce nessuno, come del resto nessuno ha ancora ben capito perché al suo invito dicano tutti sì, nonostante  la graticola che attende l'ospite. Diciamo che l'intervista barbarica è una sorta di chiamata alle armi: bisogna dire sì, nella viva speranza di non starle sulle balle.  

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