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Tutta la verità sulla tragica vita del ragionier Fantozzi

In un libro Paolo Villaggio racconta le imprese di Fantozzi mai viste al cinema

Lucia Esposito
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  Una vita mostruosa. Tragica, fin dal primo giorno. Da quando cioè Ughino Fantozzi -  futuro ragioniere dell'Ufficio sinistri - viene al mondo, in concomitanza col funerale di suo padre, Pierugo Fantozzi, «messo comunale del piccolo Comune di Bargagli, vicino a Genova». Non che da Fantozzi ci si aspettasse qualcosa di molto diverso, tipo che alle elementari si distinguesse per acume o che al liceo fosse un idolo delle ragazzine. Ora però abbiamo la conferma: la sua esistenza è stata interamente disastrosa. Leggere per credere Tragica vita del ragionier Fantozzi (pp. 190, euro 17)  il nuovo libro di Paolo Villaggio in cui per la prima volta si raccontano le imprese del suo personaggio più famoso, mai viste al cinema. Dal battesimo agli esordi scolastici, dal primo lavoro al matrimonio. Una serie di scene esilaranti che sul grande schermo, probabilmente, non ci finiranno mai.             «Fino ad oggi mi avevano bloccato i cinematografari», racconta Villaggio a Libero. «Volevano mettere in scena il personaggio già collaudato, che però alla lunga diventava anche ripetitivo. Mancavano le storie ambientate all'epoca in cui Fantozzi era piccolo. Anche allora, era già Fantozzi, aveva nel dna la mediocrità che lo ha caratterizzato per tutta la vita». Prendiamo il primo giorno di scuola. Ughino, cinque anni e tre quarti, arriva seguito da una nuvoletta scura, l'unica in una splendida giornata di autunno. «Ha le mani spugnate, salivazione azzerata e un basco blu intriso di pioggia. Gli altri bambini entrano tutti cantando. Lui rimane solo e immobile in mezzo alla piazza». Appena entra in aula, rimedia una figura da deficiente. E subito la maestra lo interroga: «Chi era Camillo Benso di Cavour?». Il povero bambino: «Era... era... Mi butto a indovinare? Un'ala sinistra del Vercelli».     Alle superiori, va ancora peggio. Fantozzi viene iscritto «a sua insaputa» a ragioneria dalla zia Franca. Dopo sei anni, ha ancora problemi a diplomarsi, così sua zia e sua madre devono andare a chiedere pietà al preside dell'istituto, il Cavaliere del  Lavoro Conte Tàlibam. Il quale, magnanimo, risponde: «Le cose stanno così: suo figlio, Ugo Scagnozzi, poveraccio, si impegna in maniera patetica; si applica penosamente, ma non ce la fa e quindi il Consiglio di tutta la scuola, e cioè mio, è arrivato alla conclusione di spostarlo in una classe differenziata con altri alunni ritardati».   A quel punto, Fantozzi viene inscatolato nel magazzino degli oggetti smarriti della scuola, in attesa che mamma e zia gli paghino il diploma devolvendo orologi e anelli in beneficenza al preside. Ed ecco l'incontro fatale: il futuro ragionere Ugo si imbatte per la prima volta in Filini. Il quale, dopo poche battute, si lancia nell'immancabile: «Tranquillo, stii tranquillissimo, le toglierò le castagne dal fuoco».  «Anche Filini, ovviamente, è già Filini», racconta Villaggio. «È quasi cieco, così come la signorina Silvani, anche da giovane, è sempre la stessa arrivista brutta e terribile». Non c'è nemmeno bisogno di descriverli, questi personaggi. Basta il nome. Del resto sono entrati nella storia della letteratura e del cinema, oltre che nel nostro patrimonio linguistico. Villaggio nei racconti che compongono il nuovo libro si conferma uno dei nostri più grandi autori, capace di creare e rendere vivo a decenni di distanza il suo terrificante universo.      Un mondo dove Fantozzi ottiene, come primo impiego, quello di slitta umana. Non gli va meglio con gli affetti: il matrimonio con Pina, per dire, lo decide la solita zia Franca. Ugo non ha mai visto la sua metà designata e a descrivergliela ci pensa il prete, prima di presentarla: «Noi sacerdoti queste spose le chiamiamo “cessi bianchi”. Venghi...». Quando finalmente la vede, Fantozzi cerca di tirarsi indietro: «Questa donna non è che mi piaccia tanto, anzi... scusate se parlo sinceramente, mi fa quasi schifo...». Ma non c'è nulla da fare. I due devono convolare a nozze, poiché il prete ha fretta di scappare: deve andare a un funerale di un tale molto danaroso.   Una vita tragica, dunque, decisa fin dal principio. Ma, in fondo, una consolazione c'è. Almeno secondo Villaggio: «Oggi i ragazzi restano a casa con i genitori fino a 35 anni, non hanno alcuna certezza riguardo al futuro. Fantozzi, invece, era tranquillo. Una volta trovato un posto di lavoro, aveva raggiunto il suo obiettivo, non lo potevano più toccare e non doveva fare altro che escogitare modi per dormire in ufficio e simili. Sapeva che tutti i suoi weekend sarebbero stati una merda totale, che li avrebbe vissuti bloccato nel traffico o con la nuvola da impiegato sulla testa. Ma era sicuro di quello che lo aspettava. E, in qualche modo, era felice». di Francesco Borgonovo  

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