Baby, su Netflix la serie tv sulle baby squillo: come si mostrano le minorenni liceali
«È giusto uno spunto, ci siamo solo liberamente ispirati alla cronaca, il vero tema è il disagio esistenziale dei giovani e dei loro genitori». Inizia così, giocata tutta in difesa, la presentazione stampa di Baby: la nuova dirompente serie italiana in sei episodi di Netflix, disponibile sulla piattaforma dal 30 novembre. Dietro a cotanta cautela si nasconde la contiguità tra la storia di finzione narrata e l' attualità più tragica: ambientata nel quartiere bene di Roma, ossia i Parioli, Baby racconta il vuoto emotivo di due ragazze adolescenti che le porterà a prostituirsi. Una storia già letta sulle pagine dei giornali, meglio nota come il caso delle baby prostitute di Parioli, che sconvolse l' opinione pubblica nel 2013. Leggi anche: Parla la baby squillo: quanto guadagno al mese Da oggi è anche una fiction che, probabilmente, dividerà gli animi. Da un lato, infatti, Baby si inserisce perfettamente nel filone di teen drama disfunzionali targati Netflix, che annovera i cult 13 reasons why e The end of the f***ing world. È dunque un prodotto figlio del nostro tempo, oltre che del mercato. Gli stessi autori, il cui team unisce il gruppo esordiente «Grams» con le firme Isabella Aguilar e Giacomo Durzi, hanno ribadito la volontà di non scadere nella narrazione pruriginosa, ma di volere volare alto: usare la metafora della prostituzione per raccontare il disagio profondo sentito dalle nuove generazioni. DIFFICILE METAFORA «Non abbiamo voluto scrivere una storia di denuncia, né una serie rivolta agli adulti ma mostrare come vivono gli adolescenti», spiega Aguilar, «se Baby è una storia di mera prostituzione allora Rocky è solo un film sulla boxe». A differenza dello sport, però, la prostituzione minorile è una metafora difficile da gestire, e non solo in epoca #metoo: per funzionare ha bisogno di una chiave di lettura forte. A fare storcere il naso potrebbe essere dunque la volontà degli autori di non sbilanciarsi nel dare messaggi a riguardo: «Non giudichiamo i personaggi ma facciamo un percorso con loro, per capirne lo stato emotivo», spiega il collettivo «Grams». «Questa serie mette il pubblico nella condizione di farsi domande, senza dare risposte», gli fa eco la protagonista femminile Benedetta Porcaroli. AFFRESCO DEL MALE Baby si presenta dunque come un potente affresco del male di vivere, che inizia e finisce nel suo stesso nichilismo. «Non abbiamo voluto approcciare la storia con un atteggiamento paternalistico: le nostre due protagoniste non sono povere ragazze vittime di questo mondo, ma persone che hanno scelto consapevolmente di prostituirsi», rincara la dose il regista Andrea De Sica, figlio di Manuel e nipote di Vittorio, «con Baby vogliamo capire cosa spinge una 15enne in un tale baratro e quali siano i rischi nell' alzare l' asticella della trasgressione». Alla casa di produzione, Fabula Pictures, va riconosciuto il merito di non essersi nascosta dietro il paracadute dell' immancabile bestseller sull' argomento: «Il mio paracadute è quello di lavorare con un serbatoio infinito di autenticità», spiega il produttore Nicola De Angelis, «sono sempre stato un sostenitore delle idee originali». Da segnalare, infine, l' ottimo debutto dell' attore Riccardo Mandolini, strepitoso sebbene Baby sia il suo primo ciak. Nel cast anche Isabella Ferarri, Claudia Pandolfi, Tommaso Ragno, Alice Pagani e le star di Braccialetti rossi Brando Pacitto e Mirko Trovato. di Francesca D'Angelo