Papa Francesco, il tassista e le ragazzine piene di alcol: il pazzesco aneddoto ai tempi di Buenos Aires
Di seguito un estratto di Dio è giovane (edizioni Piemme), il nuovo libro intervista di Papa Francesco (con Thomas Leoncini) pubblicato sul Corriere della Sera. Sembra che crescere, invecchiare, stagionarsi, sia un male. È sinonimo di vita esaurita, insoddisfatta. Oggi pare che tutto vada truccato e mascherato. Come se il fatto stesso di vivere non avesse senso. Recentemente ho parlato di quanto sia triste che qualcuno voglia fare il lifting anche al cuore! Com'è doloroso che qualcuno voglia cancellare le rughe di tanti incontri, di tante gioie e tristezze! Troppo spesso ci sono adulti che giocano a fare i ragazzini, che sentono la necessità di mettersi al livello dell' adolescente, ma non capiscono che è un inganno. È un gioco del diavolo. Non riesco a comprendere come sia possibile per un adulto sentirsi in competizione con un ragazzi-no, ma purtroppo accade sempre più spesso. È come se gli adulti dicessero: «Tu sei giovane, hai questa grossa possibilità e questa enorme promessa, ma io voglio essere più giovane di te, io posso esserlo, posso fingere di esserlo ed essere migliore di te anche in questo». Ci sono troppi genitori adolescenti nella testa, che giocano alla vita effimera eterna e, consapevolmente o meno, rendono vittime i loro figli di questo perverso gioco dell'effimero. Leggi anche: Papa Francesco: "Chi va a prostitute è un criminale" Perché da un lato allevano figli instradati alla cultura dell' effimero e dall' altro li fanno crescere sempre più sradicati, in una società che chiamo appunto «sradicata». Qualche anno fa, a Buenos Aires, ho preso un taxi: l' autista era molto preoccupato, quasi affranto, mi sembrò da subito un uomo inquieto. Mi guardò dallo specchietto retrovisore e mi disse: «Lei è il cardinale?». Io risposi di sì e lui replicò: «Che cosa dobbiamo fare con questi giovani? Non so più come gestire i miei figli. Sabato scorso sono salite quattro ragazze appena maggiorenni, dell' età di mia figlia, e avevano quattro sacchetti pieni di bottiglie. Ho domandato che cosa ci avrebbero fatto con tutte quelle bottiglie di vodka, whisky e altre cose; la loro risposta è stata: "Andiamo a casa a prepararci per la movida di stasera"». Questo racconto mi ha fatto molto riflettere: quelle ragazze erano come orfane, sembravano senza radici, voleva-no diventare orfane del proprio corpo e della loro ragione. Per garantirsi una serata divertente dovevano arrivarci già ubriache. Ma che cosa significa arrivare alla movida già ubriache? Significa arrivarci piene di illusioni e portando con sé un corpo che non si comanda, un corpo che non risponde alla testa e al cuore, un corpo che risponde solo agli istinti, un corpo senza memoria, un corpo composto solo di carne effimera. Non siamo nulla senza la testa e senza il cuore, non siamo nulla se ci muoviamo in preda agli istinti e senza la ragione. La ragione e il cuore ci avvicinano tra noi in modo reale; e ci avvicinano a Dio perché possiamo pensare Dio e possiamo decidere di andare a cercarlo. Con la ragione e il cuore possiamo anche capire chi sta male, immedesimarci in lui, farci portatori di bene e di altruismo. Non dimentichiamoci mai le parole di Gesù: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il figlio dell' uomo infatti non è venuto per farsi servire ma per servire» (Mc 10, 43).