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Coronavirus ribattezzato Covid-19, l'indiscrezione: per non turbare i paesi asiatici

Davide Locano
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Il nuovo coronavirus non è un' emergenza mondiale; anzi sì, è un disastro peggio del terrorismo. L' Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sembra nel pallone; non deve stupire più di tanto: sempre di agenzia Onu si tratta. Prima invitava la comunità internazionale alla calma, perché il nuovo coronavirus è un problema circoscritto alla Cina; poi, dopo aver parlato con le autorità sanitarie di Pechino, l' Oms si è distinta per seminare allarmismo. Ieri, per dire l' ultima, il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato da Ginevra che il virus «può avere sul piano politico, economico e sociale un impatto più potente di qualsiasi azione terroristica». Questo virus dovrebbe essere considerato «il nemico pubblico numero per il mondo», ha sottolineato il Dg dell' Oms, richiamando tutti i Paesi all' azione. Leggi anche: Coronavirus, lo spaventoso picco di decessi a Hubei In realtà, per ora, il vero successo dell' Oms è di natura onomastica. Il nuovo coronavirus è stato infatti battezzato con un nome "politically correct": Covid-19. La denominazione ufficiale - annunciata ieri nella stessa sede dal direttore generale Ghebreyesus - non è affatto casuale ma rispetta precise linee guida, una sorta di "galateo della scienza", che l' Oms ha sentito il bisogno di elaborare nel 2015, dopo che alcuni nomi legati a epidemie avevano generato non pochi problemi. PAROLE PAROLE Avevano cioè prodotto «un contraccolpo contro membri di particolari comunità religiose o etniche, creato barriere ingiustificate ai viaggi, al commercio e innescato inutili macellazioni di animali alimentari», come ebbe a denunciare l' agenzia sanitaria delle Nazioni Unite. In passato, infatti, numerosi virus avevano preso il nome dal luogo in cui si erano originati o dalla regione in cui erano stati identificati per la prima volta: ad esempio la Mers, che sta per Sindrome respiratoria del Medio Oriente; Ebola che prende il nome da un fiume della Repubblica Democratica del Congo; la malattia di Lyme che si rifà a una città del Connecticut. Da qui le raccomandazioni stilate dall' agenzia medica Onu: «Il nome da utilizzare per riferirsi a una nuova malattia deve consistere in termini descrittivi generici, in base ai sintomi, a coloro che colpisce, alla sua gravità o stagionalità». Mentre vanno evitati, appunto, nomi che includono aree geografiche (per esempio influenza spagnola, febbre della Rift Valley), nomi di persone (come Malattia di Creutzfeldt-Jakob, malattia di Chagas), specie di animali o alimenti (influenza suina, influenza aviaria), riferimenti culturali, di popolazione, industriali o professionali legionari) e termini che incitano alla paura indebita (quali "sconosciuta", "misteriosa", "fatale", "epidemia"). «ALLARME MONDIALE» Intanto il bilancio delle vittime cresce: sono 1.017 i morti per l' epidemia in Cina, mentre i contagi sono circa 43.000 (il 99% in Cina). E all' esterno del gigante asiatico, i casi di contagio sono 393 in 24 Paesi con un solo decesso. L' intera Onu, ha aggiunto Ghebreyesus, è mobilitata. Il timore dell' organizzazione è che il virus possa contagiare soprattutto continenti (l' Africa) che non hanno la potenza di fuoco della Cina per combatterlo. Il primo vaccino, comunque, secondo l' Oms, potrebbe essere pronto già tra 18 mesi. Non tutti però sono ottimisti fra i medici invitati a Ginevra. Gabriel Leung, capo del Dipartimento di medicina all' università di Hong Kong, teme che l' epidemia possa diffondersi a circa i due terzi della popolazione mondiale, se non viene controllata. «Il 60% della popolazione mondiale è un numero tremendamente grande», ha sottolineato Leung. Anche se il tasso di mortalità generale è inferiore all' 1%, cosa che Leung ritiene possibile una volta presi in considerazione i casi più lievi, il bilancio delle vittime sarebbe enorme, avverte ancora l' esperto. di Angelo Zinetti

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