Invidia, vizio da pigri: la malattia inconfessabile che colpisce ricchi e poveri
Abbiamo visto, qualche anno fa al cinema, una splendida Charlize Theron nei panni della strega cattiva. Donna di uno splendore pazzesco, dotata di poteri straordinari, con un intero regno ai suoi piedi, eppure non riusciva a godere della sua immensa fortuna al punto che sentiva il bisogno di perseguitare una povera fanciulla orfana (Biancaneve), della quale invidiava la bellezza e l' innocenza. In questa favola risiede l' essenza dell' invidia (femminile). Che non consiste nel desiderare qualcosa che l' altra ha ma nel provare fastidio di fronte alla felicità altrui. La Monaca di Monza per esempio invidiava Lucia pur non avendo nessun interesse per Renzo Tramaglino: le bastava sapere che la poveretta avrebbe potuto avere un marito e una famiglia perché si scatenasse la sua ira. O invidia nimica di vertute, cantava Petrarca. L' invidia è come una brutta malattia (colpisce tutti: ricchi e poveri), non se ne parla ma esiste. È un tabù: chi la prova stenta a dichiararlo. Chi ci cade dentro finge di non accorgersene. È un moto dell' anima tanto velenoso quanto inconfessabile. «È l' emozione negativa più rifiutata, perché ha in sé due elementi disonorevoli: l' ammissione di essere inferiore e il tentativo di danneggiare l' altro senza gareggiare a viso aperto ma in modo subdolo, meschino», scrive Valentina D' Urso nel suo libro Psicologia della gelosia e dell' invidia. È un sentimento infantile che risponde all' umiliante paragone: lui sì, io no. Nella sua forma più distruttiva non è emulazione dell' altro, bensì desiderio di distruggere ciò che non si può avere, come appunto fa la strega nei confronti di Biancaneve. E così fanno le sorellastre di Cenerentola, le rovinano il vestito del ballo non perché pretendano di indossarlo loro, ma perché non lo abbia lei. Non provoca alcun piacere - Non c' è alcun intento di innalzarsi al livello dell' altro, è voglia rabbiosa di abbassarlo. L' invidioso è bugiardo e ingiusto, deprime chi ha successo ottenuto con intelligenza, talento e libertà, e ne attacca le capacità, i meriti, l' esperienza, la competenza professionale. Non sopporta i vantaggi economici, la bellezza fisica o l' eccellenza intellettuale negli altri. «L' invidia è un' afflizione dello spirito e a differenza di alcuni peccati della carne, non provoca piacere a nessuno», scrive Muriel Spark nel suo Invidia. Ancor prima Plutarco sosteneva che l' odio si prova per chi ci ha offeso, l' invidia per chi è felice. E mentre Aristotele osservava che l' invidia punta a toglierci i meriti, Bertrand Russell la reputava una strana forma di democrazia con l' obiettivo di farci diventare tutti uguali, tutti pronti a controllarci e a toglierci i privilegi l' un l' altro. Una sorta di declassamento universale. Tradizionalmente si teme molto quello sguardo malevolo che cela ostilità, tanto che Dante nella Divina Commedia mette gli invidiosi in Purgatorio, con le palpebre cucite col fil di ferro. L' invidia ne ha fatta di strada. «In passato era circoscritta a ciò che si osservava dal vivo, con l' arrivo dei social e la condivisione di massa tutto quello che viene fotografato e "postato" entra automaticamente nel mirino dell' invidioso, la cena al ristorante dello chef stellato, la vacanza ai Caraibi, la gita sui laghi, non solo quindi l' abito all' ultima moda o la borsa griffata», spiega la dottoressa Miolì Chiung, direttrice dello studio di Psicologia Salem. «Oggi l' invidia è esperienziale, viaggia on line, per esempio i vip (cantanti, attori, conduttori, scrittori) o gli influncer vengono attaccati costantemente con commmenti offensivi, i quali puntano a denigrare la persona oltre che il personaggio». Si attacca per esempio il politico non soltanto per ciò che combina al governo, ma anche per come è vestito. Se è un po' in carne, se va in chiesa o in giro con il crocifisso. In rete, spesso protetti dall' anonimato, gli invidiosi danno libero sfogo a esternazioni livorose (gratuite). Non perdonano bellezza e successo. «Criticano tutti con cattiveria, non sono mai felici di niente, perennemente insoddisfatti e insicuri, provano astio e risentimento, non hanno mai parole di apprezzamento o stima nei confronti di nessuno, si sentono vittime del sistema, esseri inferiori, hanno scarsa fiducia in se stessi, zero relazioni, si vergognano di non essere o di non avere quello che gli altri sono o hanno. Da una parte vivono una propria inadeguatezza, dall' altra una forte sofferenza di fronte alla gioia che sprigiona il vicino di casa o di scrivania», asserisce la psicoterapeuta Chiung. Gli uomini - «Le donne sono da sempre le più esposte per una questione estetica, però ora pure gli uomini stanno diventando più narcisi e vanitosi e l' invidia non fa differenza tra i sessi», precisa la psicologa. E non si prova soltanto verso la collega più ammirata, perché più figa e meglio vestita, o verso il collega più apprezzato dal capoufficio ma persino nei confronti di «una sorella o un fratello perché in carriera». Sai che divertimento al pranzo di Natale tra occhiatacce e battute al vetriolo. Da un punto di vista psicologico l' invidia nasce da un senso di impotenza, per lo più inconscio, che fa percepire uno stato di inadeguatezza e di indegnità rispetto agli altri. È un' emozione molto primitiva, come svela la psicoanalista Melanie Klein, secondo la quale «potrebbe instaurarsi sin nei primi sei mesi di vita, quando il bambino dipende dal seno materno come referente assoluto ancor prima di conoscere la madre come figura intera. Questa sensazione di dipendenza genererebbe aggressività e, a volte, fantasmi distruttivi». Ci si può affrancare dall' invidia o le invidiose sono costrette a morire con e per essa, come la strega di Biancaneve? «La via per uscirne è utilizzare le proprie risorse per conquistare qualcosa di personale cercando delle alternative nella propria vita, che risollevino la propria autostima. Pensare ciò che si può fare grazie alle proprie capacità e non accanirsi su qualcuno, perdendo tempo ed energia, nel tentativo o nella speranza di distruggerlo», suggeriscono gli esperti. L' invidia è uno dei sette vizi capitali, fonte di frustrazione e indice di identità incerta, può affiorare anche all' improvviso perché convinti che svalutando gli altri si possa affermare meglio se stessi. Niente di più sbagliato. Il guaio è che essa impedisce di apprezzare le proprie virtù, così presi a guardare «l' erba del vicino...». Si può superare l' invidia, anche se con molta fatica, se si trasforma in qualcosa di positivo: in ammirazione per gli altri. di Daniela Mastromattei