La tragedia sfiorata: Parmitano racconta gli attimi di terrore nello spazio
"Sono solo, l'acqua invade il casco e non sento più", scrive l'astronauta dell'Esa. Poi il sollievo, "è tutto ok"
La missione Eva dell'astronauta Luca Parmitano poteva avere conseguenze tragiche, e lui lo sa bene. A più di un mese dall'incidente che il 16 luglio scorso ha costretto l'italiano a rientrare in fretta e furia nella navicella, Luca racconta sensazioni, paura e sollievo sul suo blog. Il racconto - "La parte superiore del casco è ormai piena di acqua, e non so neanche se la prossima volta che respirerò dalla bocca riuscirò a riempirmi i polmoni di aria e non di liquido", scrive Parmitano, ricordando il momento in cui per un guasto l'acqua ha iniziato a invadere il suo casco. "A complicare il tutto - continua - mi rendo conto che non sono neanche in grado di capire in che direzione andare per rientrare all'airlock: riesco a vedere solo per poche decine di centimetri intorno a me, e non riesco a individuare neanche le maniglie che utilizziamo per muoverci intorno alla ISS". Isolato e quasi sordo - L'acqua rendeva difficile la comunicazione con la Terra, coi compagni di missione Chris Cassidy, Shane Kimbrough e Karen Nyberg. "Provo a contattare Chris e Shane: li ascolto mentre parlano fra loro, ma il volume è ormai bassissimo, li sento a malapena e loro non sentono me. Sono solo. Penso furiosamente a un piano d'azione. È fondamentale rientrare al più presto dentro", scrive ancora. Poi le istruzioni, prima Luca poi Chris, e il rientro in astronave: "Muovendomi con gli occhi chiusi, riesco a entrare dentro e a posizionarmi in attesa del rientro di Chris. Percepisco del movimento dietro di me, poi Chris fa il suo ingresso e basandomi sulle vibrazioni capisco che sta chiudendo il portello stagno". Infine i compagni lo circondano e il casco può essere rimosso. Luca non vede e non sente ancora per qualche minuto, gli passano asciugamani, gli danno pacche sulle spalle. Poi il sollievo, "sono salvo", anche se la missione non è andata a buon fine. E il gesto universale: è tutto ok.