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Se i reni non funzionanopiù attenti al colesterolo

Chi soffre di insufficienza renale è a maggior rischio di malattie cardiovascolari e deve fare più attenzione ai fattori di rischio

Maria Rita Montebelli
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Soffrire di insufficienza renale cronica significa, tra le altre cose, correre un maggior rischio di andare incontro ad un problema cardiovascolare. Per questo i soggetti con insufficienza renale cronica dovrebbero stare ancora più attenti degli altri ai cosiddetti fattori di rischio cardiovascolari, primo tra tutti, il colesterolo. La buona notizia è che ridurre in maniera adeguata i livelli di colesterolo consente di abbattere questo rischio, come ha ben dimostrato lo studio SHARP, condotto su una popolazione di pazienti con insufficienza renale cronica: i soggetti trattati con la doppia associazione ipolipemizzante simvastatina-ezetimibe, hanno visto ridursi in maniera significativa l'incidenza di eventi aterosclerotici maggiori. “Lo studio SHARP – afferma il professor Claudio Rapezzi, direttore dell'U.O. di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant'Orsola Malpighi di Bologna – rappresenta una pietra miliare nelle conoscenze sulla gestione del paziente nefropatico; questo perché ha confermato che la malattia renale cronica è un fattore di rischio cardiovascolare indipendentemente da diabete e dislipidemie e ha dimostrato l'utilità dell'impiego di un trattamento ipolipemizzante sistematico in tutti i pazienti con insufficienza renale cronica, indipendentemente dal loro livello di colesterolo iniziale. Nei pazienti dello studio SHARP infatti, l'uso dell'associazione simvastatina-ezetimibe si è rivelato efficace anche nei soggetti che non avevano una condizione di base di dislipidemia evidente. E' fondamentale tuttavia che il trattamento ipolipemizzante venga instaurato prima della comparsa della fase terminale dell'insufficienza renale”. Nuove linee guida. L'importanza dei risultati dello studio SHARP ha portato a modificare le linee guida internazionali relativamente alla gestione della dislipidemia nel paziente con malattia renale, facendo della terapia ipolipemizzante uno strumento terapeutico indispensabile per ridurre gli accidenti cardio-vascolari. La malattia renale cronica è una patologia sotto-diagnosticata e quindi sotto-trattata, anche perché scarsamente sintomatica fin nelle fasi più avanzate. Nella sola Italia a soffrirne sono  5 milioni di persone e a livello mondiale, il 10% della popolazione. Nel nostro Paese si stima che oltre 10 mila persone vadano incontro a trattamento emodialitico ogni anno, aggiungendo così alle oltre 50 mila in trattamento. “Prevalenza e incidenza della malattia renale – spiega Roberto Pontremoli, professore associato di Nefrologia, Università di Genova -  sono in costante aumento in Italia e nel mondo, per l'allungarsi della vita media, per l'aumento dei fattori di rischio (ipertensione, dislipidemia, diabete, obesità) e per la mancanza di un trattamento adeguato per questa condizione che può essere rallentata ma difficilmente arrestata”. Diversi studi hanno ormai dimostrato che questa condizione rappresenta un fattore di rischio indipendente per mortalità cardiovascolare. È per questo che nei soggetti con insufficienza renale cronica è necessario porre la massima attenzione all'ottimizzazione del trattamento dei fattori di rischio tradizionali, quali ipertensione arteriosa e dislipidemia. (LAURA MONTI)

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