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Se smettere di fumarerimane un'impresa difficile

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Pubblicato su Lancet uno studio che confronta sigarette elettroniche e patch alla nicotina

Maria Rita Montebelli
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Spegnere l'ultima sigaretta. Ci si prova in tutti i modi; ora anche con le sigarette elettroniche. Ma funzionano veramente? Uno studio pubblicato su Lancet dà risposte contrastanti. Si tratta del primo studio in assoluto ad aver confrontato i risultati di un cerotto alla nicotina, con l'uso di una sigaretta elettronica contenente nicotina (16 mg) e con una sigaretta elettronica placebo (cioè senza nicotina). Le strategie anti-fumo venivano fatte proseguire per 13 settimane, poi a sei mesi si andava a fare la conta degli ‘astinenti' e di chi invece aveva continuato a fumare le bionde vere. Lo studio, coordinato da Chris Bullen, Direttore del National Institute for Health Innovation presso l'Università di Auckland (Nuova Zelanda), ha arruolato 657 fumatori, mediante annunci sui quotidiani locali. 300 di loro hanno ricevuto una fornitura per 13 settimane di sigarette elettroniche alla nicotina (16 mg), più o meno lo stesso numero una fornitura di patch alla nicotina per lo stesso periodo e una settantina di partecipanti infine la sigaretta elettronica placebo. Alla fine dei 6 mesi di durata dello studio, solo un partecipante su venti (il 5,7% del totale in media, con il 7,3% nel gruppo e-sigaretta, contro il 5,8% del gruppo cerotto alla nicotina) era rimasto completamente ‘non fumatore'. Per dovere di cronaca va detto che anche nel gruppo placebo si è registrato un 4% di astinenti a 6 mesi. Un dato incoraggiante viene dal fatto che una percentuale importante (57%) di quanti continuavano a fumare nel gruppo delle sigarette elettroniche alla nicotina, ha dichiarato di aver almeno dimezzato il consumo di sigarette ‘vere' e in proporzione molto superiore al gruppo cerotto alla nicotina (solo il 41% di questo gruppo aveva ridotto il numero di sigarette fumate). “E' ancora presto per dire non solo se le e-sigarette funzionano come presidio per smettere di fumare, ma soprattutto se sono sicure – commenta il professor Francesco Blasi, presidente dell'ERS - La sigaretta elettronica sembra efficace nel far ridurre il numero di sigarette fumate, ma l'uso di questi sistemi non è di per se stesso sufficiente a far smetter di fumare.  Nel breve periodo inoltre l'uso della sigaretta elettronica sembra sicuro, ma non sappiamo cosa potrebbe succedere nel lungo termine ai polmoni; servono dunque studi di lunga durata prima di usare questi strumenti con sicurezza”. Un altro punto caldo è quello che riguarda la loro regolamentazione. Il Parlamento europeo nel luglio scorso ha decretato che le sigarette elettroniche andrebbero messe sotto il controllo dell'agenzia regolatoria europea dei farmaci (EMA), alla stessa stregua di un farmaco vero e proprio. E su questo si è aperta naturalmente una battaglia feroce. “In realtà – commenta Blasi - lo stesso studio pubblicato su Lancet dimostra che le e-sigarette dovrebbero essere considerate come un farmaco, visto che quelle addizionate di nicotina hanno avuto lo stesso effetto del patch di nicotina, che è soggetto al controllo dell' EMA. In questo momento la sigaretta elettronica è considerata come un oggetto qualsiasi, l'importante è che non prenda fuoco. Ma questo non può esser accettabile per un qualcosa che si inala nei polmoni. Sarebbe bene dunque che fosse l'Unione Europea a finanziare uno studio indipendente sulle sigarette elettroniche e questo è proprio quello che ho chiesto come presidente dell'ERS all'audit del Parlamento europeo: attivare studi indipendenti a sponsor pubblico per valutare sul lungo termine l'effetto delle sigarette elettroniche”.  La parola d'ordine dunque fin qui è ‘prudenza'. Per non farsi gettare fumo negli occhi. (STEFANIA BELLI)

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