LO SGUARDO DELLA MEDUSA SULLE ARTERIE
L'eccesso di fosforo nel sangue fa calcificare le arterie e accelera i processi aterosclerotici. Si combatte con la dieta e con i farmaci ‘chelanti'
C'è un killer che si aggira nelle arterie dei pazienti con insufficienza renale. Un killer con la faccia da bravo ragazzo: il fosforo. Ma come? Le mamme invitano i propri bambini a mangiare pesce perché contiene fosforo ‘che ti fa crescere sano e intelligente'. Ebbene, la saggezza popolare delle mamme va sicuramente ascoltata, ma solo finché si è piccoli e con i reni che funzionano. L'eccesso di fosforo infatti, quello che si accumula nel sangue quando i reni non sono più in grado di smaltirlo, è invece pericolosissimo e va combattuto con la dieta, ma soprattutto con i farmaci. A rischio di eccesso di fosforo circolante (la cosiddetta iperfosfatemia) sono soprattutto le persone con insufficienza renale in fase avanzata (300-400.000 persone in Italia) e quelle già in dialisi. “Un eccesso di questo minerale – spiega Diego Brancaccio, Professore Emerito di Nefrologia all'Università di Milano, Direttore dell'Unità di Nefrologia e Dialisi “Simone Martini” di Milano e past president della Fondazione Italiana del Rene – è pericoloso per sia per i reni delle persone normali, e tanto per quelli di chi già soffre di insufficienza renale. Elevati livelli di fosforo nel sangue, peggiorano il danno renale e aumentano il rischio di eventi cardiovascolari. Il fosforo danneggia le arterie, accelerando la malattia aterosclerotica (‘il paziente malato di rene, muore di cuore') perché trasforma le cellule muscolari lisce della parete delle arterie in osteoblasti, le cellule dell'osso; in altre parole, trasforma le arterie in un ‘laboratorio' di osso, disseminando di calcificazioni le coronarie, l'aorta, le arterie della gambe, facendo così danni sempre più gravi alla circolazione del sangue. Per questo è necessario riportare nei ranghi i livelli di fosfati circolanti, facendo attenzione alla dieta (formaggi stagionati, carni rosse e soft drink sono particolarmente ricchi di fosfati), ma soprattutto ricorrendo a terapie specifiche. Il sevelamer carbonato, disponibile in Italia da un paio d'anni, è un vero e proprio ‘spazzino' del fosforo; a livello dell'intestino infatti ‘intercetta' il fosforo assunto con la dieta, ne evita l'assorbimento e lo fa eliminare con le feci. Il farmaco, disponibile in polvere, si assume insieme ai pasti principali (pranzo e cena). Il sevelamer carbonato, rispetto alla forma cloridrato già disponibile, evita il rischio di acidosi e quindi può essere somministrato in tutti gli stadi di insufficienza renale, fino alla dialisi e anche in dialisi. In più questo farmaco, ‘taglia' di un 25% il livello di colesterolo cattivo (LDL) circolante. “Il fosforo – conclude Brancaccio – è insomma un nemico silenzioso dell'organismo. Nel ‘tagliando' che tutti dovremmo fare intorno ai 50 anni, sarebbe bene inserire anche un controllo della funzionalità renale (creatinina e filtrato glomerulare), insieme al dosaggio della fosfatemia e della vitamina D. In presenza di funzionalità ridotta al 30%, sarebbe consigliabile iniziare la terapia con sevelamer carbonato, anche in presenza di ‘normali' valori di fosfatemia. Anche perché a livello internazionale si stanno rivedendo i valori cosiddetti ‘normali' della fosfatemia (attualmente pari a 2,8-4,5 mg/dl ),spostando l'asticella verso il basso”. (LAURA MONTI)