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Roma, grazie ai debiti della sinistra il Comune finirà i soldi nel 2017

Per arginare il rosso delle amministrazioni Veltroni-Rutellilo Stato versa 500 milioni l'anno. I commissari: "Non basterà"

Giulio Bucchi
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di Franco Bechis Un debito lordo di 22,4 miliardi di euro, a fronte di crediti reali di 5,7 miliardi di euro. Risultato: un buco clamoroso di 16,7 miliardi di euro (10 al netto degli oneri finanziari), che rappresenta il più clamoroso e grave dissesto finanziario nella storia della amministrazione pubblica italiana. È la drammatica fotografia tecnica del Comune di Roma lasciato nel 2008 dall'allora sindaco Walter Veltroni, che l'aveva governata negli ultimi sette anni, rilevandola da Francesco Rutelli che l'aveva amministrata negli otto anni precedenti. Quindici anni in cui è maturato quel risultato finanziario da brivido, che fa impallidire quel crack del Comune di Parma che ha messo le ali prima a Federico Pizzarotti e poi al Movimento 5 Stelle fondato da Beppe Grillo. Il quadro finanziario del dissesto di Roma è offerto dall'ultima relazione sui conti della capitale depositata in Parlamento dal commissario straordinario di Roma capitale, Massimo Varazzani, il manager voluto dal Tesoro italiano per cercare di mettere una falla a quella voragine. E il buco in effetti è stato al momento arginato: quei 22,4 miliardi di debito lordo sono diventati 16,1 miliardi al 31 dicembre dell'anno scorso. Purtroppo anche i crediti iscritti in bilancio non sempre erano esigibili, ma in ogni caso il disavanzo reale è sceso da 16,7 a 13,8 miliardi di euro e al netto degli oneri finanziari è passato da 10 a 8,5 miliardi di euro. Un buon risultato se si tiene conto dello scarso tempo avuto a disposizione dalla gestione commissariale, la cui operatività sostanziale è iniziata solo nella seconda parte del 2010. Il miglioramento c'è stato, una toppa alla dissennata gestione del centrosinistra a Roma è stata messa, ma è costata assai cara e rischia di non essere affatto sufficiente. Per aiutare la gestione commissariale il governo ha inserito nei suoi conti pubblici un contributo «perpetuo» di 500 milioni di euro l'anno. Altri 200 milioni sono stati imposti al sindaco di Roma, Gianni Alemanno, con una leva fiscale a cui non ha potuto sottrarsi: per coprire il buco di Veltroni & C., ai romani è stato imposto un aumento dell'Irpef comunale dallo 0,5% allo 0,9% (quasi raddoppiata), che non può essere ridotto fino a quando il buco non sarà riparato. Ai romani come a tutti i turisti che si imbarcano a Fiumicino o a Ciampino è stata imposta un'addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri di un euro. Tutto questo però non basterà: la gestione commissariale è in grado attraverso queste risorse di garantire il tappo sul buco forse solo fino al 2016, nella migliore delle ipotesi fino al 2017. I 500 milioni di euro l'anno risulterebbero - scrive Varazzani - «comunque largamente inferiori al solo complessivo onere (capitale ed interessi) per l'ammortamento del debito finanziario che ancora residuerà in massa passiva nel 2017». Due sole le soluzioni possibili per non fare fallire il Comune: la prima è di integrare di altri 200 milioni di euro l'anno quel contributo perpetuo in vigore. La seconda è  quella del «formale accollo da parte dello Stato del debito finanziario residuo in quota capitale», cosa che farebbe lievitare di 8-10 miliardi di euro l'attuale debito pubblico e che soprattutto rischierebbe di scatenare l'allarme sulla situazione reale degli enti locali e sulla reale situazione del debito consolidato dello Stato italiano. Varazzani ha faticato non poco a orientarsi nella confusa situazione finanziaria lasciata in eredità da Veltroni ai romani. Nella relazione il manager conferma che ad aprile 2008 si rischiò il blocco totale dei pagamenti e degli stipendi dei dipendenti del Comune. In compenso il Comune aveva acceso contratti di debito ad ogni livello, sottoscrivendo anche 9 contratti derivati assai rischiosi: «Quattro a copertura dell'emissione di Boc con rimborso bullet e 5 relativi a un nozionale di mutui contratti dall'Ente Comune di Roma». Per fortuna grazie alla tempesta finanziaria del 2011 Varazzani è riuscito a contrattare l'estinzione anticipata a condizioni non proibitive di gran parte dei derivati (le finanziarie controparti lo hanno fatto temendo un collasso del mercato italiano a fronte di cui avrebbero rischiato di perdere tutto). 

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