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Faccia a faccia al Biocamptra Novartis e i ricercatori

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Per la prima volta in Italia, il Novartis Biotechnology Leadership Camp è un appuntamento per favorire lo scambio di competenze e le opportunità di collaborazione tra mondo accademico e industria

Maria Rita Montebelli
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Si è chiuso a Siena, polo mondiale dell'attività di Ricerca e Sviluppo condotta da Novartis nel settore vaccini, il workshop di tre giorni, dedicato a 30 giovani ricercatori del nostro Paese. Nel corso della giornata conclusiva sono stati valutati ed esaminati i progetti elaborati dai partecipanti nel corso dei lavori di gruppo: l'obiettivo era quello di mettere alla prova questi giovani talenti su un terreno come quello dell'efficacia e sostenibilità finanziaria di un progetto di ricerca sul quale sono spesso meno chiamati a confrontarsi in ambito accademico. “Novarts BioCamp nasce proprio con l'intento di favorire la creazione di una cultura comune di scambio e collaborazione tra l'università e l'industria, offrendo a questi giovani l'opportunità di conoscere da vicino le potenzialità della ricerca farmaceutica e biotecnologia promossa da soggetti privati e pubblici, stimolare le loro capacità manageriali  e dare loro gli strumenti per diventare imprenditori del proprio futuro” ha dichiarato Rino Rappuoli, responsabile globale della Ricerca Novartis nei vaccini. Se, infatti, la professione del ricercatore si fonda, da un lato, su una solida preparazione scientifica ed un forte spirito di innovazione, dall'altro non può fare a meno di competenze e capacità di utilizzo degli strumenti economico-finanziari, indispensabili per attrarre finanziamenti. I dodici giovani talenti del gruppo vincitore – due infatti sono le squadre che eccezionalmente si sono qualificate prime a pari merito – sono riusciti nella difficile sfida di trovare una sinergia efficace tra queste diverse componenti, convincendo una giuria composta da esperti del mondo accademico, imprenditoriale, della ricerca e del giornalismo, tra cui – al fianco di Rino Rappuoli – Gaia Panina, Chief Scientic Officer, Novartis Farma Italia, Marina del Bue, direttore generale e consigliere esecutivo MolMed, Paolo Gasparini, professore di genetica medica all'università di Trieste e primario di Genetica Ircss ospedale Burlo Garofolo di Trieste e Laura La Posta, Caporedattrice, Il Sole 24 Ore. I vincitori. Elevato livello di innovazione e solidità scientifica del progetto, valutazione approfondita dei rischi e delle opportunità, studio dello scenario di mercato e dei potenziali competitor, prospettive chiare di costi e ritorno di investimento stimato, creatività, capacità di teamworking, sono alcune delle motivazioni che hanno premiato il lavoro di gruppo presentato dalle due squadre vincitrici (vedi foto), i cui dodici membri e relativi atenei di riferimento sono: Niccolò Bartalucci, Università di Firenze; Claudio Costantino, Università di Palermo; Valentina Izzo, Università Federico II di Napoli; Elisa Memmi, Università di Ferrara, Niccolò Ravenni e Andrea Rosi, Università di Siena, appartenenti ad uno dei team e Elisa Cappellini e Giuliana Fossati, Università di Milano; Sara Gatto (la più giovane dei partecipanti al Novartis BioCamp Italia 2013, con i suoi 26 anni), Università di Perugia; Guglielmo Giraldi e Giulia Siciliano, Università 'La Sapienza' di Roma; Fabrizio Salomone, Università di Catania, appartenenti all'altra squadra vincitrice. Puntare su giovani ricercatori di talento, come hanno dimostrato di essere i neo-proclamati vincitori del Novartis BioCamp Italia 2013, rappresenta, oggi più che mai, uno dei fattori critici di successo per rendere la ricerca farmaceutica e biotech made in Italy in grado di competere a livello internazionale. “Oggi il settore è altamente competitivo. Paesi emergenti possono offrire vantaggi significativi a chi deve valutare dove investire, dalla maggiore facilità di reclutamento dei pazienti per i trial clinici ad un assetto normativo che regolamenta la ricerca più snello e stabile – ha dichiarato Gaia Panina – Eppure una multinazionale leader come la nostra sceglie di continuare ad investire in ricerca nel nostro Paese. E lo fa perché sa di poter contare su due punti di forza irrinunciabili: il talento dei suoi ricercatori e di conseguenza la qualità del dato clinico che viene raccolto.  Sostenere giovani talenti - il cosiddetto “oro grigio” – ed attrarne con l'offerta di nuove opportunità professionali all'interno dell'industria privata rappresentano una sfida per sostenere la nostra competitività”. All'interno del Centro Ricerche di Novartis Vaccines & Diagnostics l'età media dei collaboratori è di 35 anni, il 40% sono donne e lavorano tutti in un ambiente internazionale e tecnologicamente all'avanguardia, che è stato in grado di attrarre investimenti costanti e crescenti sul territorio e che oggi è responsabile del 60% circa della produzione mondiale di Novartis Vaccines and Diagnostics. (L. L.)

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