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Radiografia della Lega spaccata

Nel movimento c'è di tutto: da chi vuole la secessione a chi pensa alla carriera. Solo Maroni può tenere unite le varie anime

Andrea Tempestini
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Una vecchia abitudine giornalistica costruisce mappature interne ai partiti, con correnti, esponenti, numeri eccetera. Neppure la Lega è stata risparmiata e a cadenza periodica vengono fuori schemi che pretendono di dividerla in federalisti e secessionisti, amici e nemici di Berlusconi, bossiani e maroniani: spesso solo superficiali copia-incolla di notizie ricicciate. La Lega è molto diversa da ogni altra formazione politica  e un esame delle sue divisioni interne (che esistono a onta del suo conclamato monolitismo) richiede conoscenza e attenzione che spesso mancano a chi ha fretta di scrivere un pezzo più di colore che di analisi. Oggi tutti sono concentrati sullo scontro fra Maroni e il Cerchio magico, che fa parte di una geografica politica, umana e ideologica molto intricata e difficile da raffigurare. Servirebbe una rappresentazione quadridimensionale,  roba da planetario, con pianeti e satelliti che ruotano su orbite diverse, galassie misteriose, stelle cadenti e meteoriti impazzite.  Si può tentare una rappresentazione bidimensionale solo costruendo uno schema cartesiano mettendo sulle Ordinate gli obiettivi (in alto l'indipendentismo più radicale e in basso il riformismo federalista più blando) e sulle Ascisse i comportamenti (a sinistra la coerenza ideologica, a destra l'accettazione di ogni compromesso e la robusta voglia di potere). Lo schema non serve solo a rappresentare  gli equilibri interni ma anche a dare una realistica visione del mondo che ruota attorno all'autonomismo padanista, dentro e fuori dal partito,  fatto di ex-leghisti, anti-leghisti e addirittura di tutta quella parte della società padana che – pressata dalle tragiche condizioni socio-economiche in cui la sta spingendo lo Stato italiano – può in prospettiva avvicinarsi a posizioni sempre più autonomiste. LO SCHEMA Sullo schema si può innanzi tutto collocare il cosiddetto Cerchio Magico, il solo vero gruppo organizzato all'interno del partito. Esso occupa molto decisamente il quarto quadrante, l'estremità più in basso a sinistra. I nomi di chi faccia parte di questo ristretto sodalizio di custodi del corpo del Capo sono stati ripetuti fino alla noia: la moglie di Bossi, Rosi Mauro, Reguzzoni e Bricolo, il portaborse (in Italia e all'estero)  Belsito. Qualche volta viene citata anche Monica Rizzi che fa da babysitter al Trota. Quasi mai invece si ricorda la vera eminenza grigia, l'uomo che non compare mai nelle foto di famiglia se non in fondo e in ombra, ma che è dietro a ogni decisione di casa Bossi: Giuseppe Leoni. La banda ha scarsa vocazione alle riforme ma mostra tenace attivismo nella gestione del potere: roba tipo “moderati nelle idee ed estremisti nei fatti”. Tutto attorno all'angolino ben presidiato dal Cerchio ci sono quello che aspirano a farne parte, che ne sono stati cacciati o che vengono per qualche ragione tenuti a distanza ma che hanno le stesse vocazioni. Per semplicità si può chiamare questa l'area dei “roberticì” dal nome dei tre principali esponenti del genere: Calderoli, Castelli e Cota. Nell'angolo opposto dello schema c'è la tribù dei “duri e puri”, erede di “Ducario”, il gruppo che nel 2006 aveva chiesto congressi e trasparenza (causando l'ultimo consistente allontanamento di gente come Pagliarini, Formenti e altri) e che si era dato il nome del guerriero insubre che alla battaglia del Trasimeno aveva ucciso il console romano Caio Flaminio. In quest'area si collocano le principali associazioni culturali (La Libera Compagnia Padana, Terra Insubre), il quotidiano online L'Indipendenza, il Movimento Libertario e l'Unione Padana, il movimento concorrente che sta rapidamente crescendo sul territorio. Fra queste due formazioni c'è l'enorme prateria dei delusi che hanno rimpolpato l'astensionismo, i gruppuscoli locali, la galassia dei padanisti fai da te. Ci sono soprattutto i leghisti un po' frettolosamente bollati come maroniti. C'è innanzitutto lo stesso Maroni che può tranquillamente essere collocato nel bel mezzo dello schema. Sulla stessa posizione delle Ascisse ci sono molti altri uomini di punta: Tosi al punto più basso (quasi un unitarista italiano), Salvini un bel po' più in alto. Ci sono quasi tutti i sindaci e i militanti orfani della Lega degli onesti. Sullo schema è ovviamente presente anche Bossi che si muove come una navetta sul bordo estremo di destra dello schema: alla pervicace ricerca e conservazione del potere e per questo disposto ad abbracciare ogni posizione, dal federalismo fiscale alla secessione. Il quadro può naturalmente  avere delle varianti geografiche: l'ordine cerchista regna formalmente in Emilia (con qualche effervescenza in Romagna) e in Liguria  dove però c'è qualche vivace movimento indipendentista. Totalmente stagnante  il Piemonte, culla del primissimo autonomismo, dove Cota (Concordia)  sta naufragando nel vuoto pneumatico che si è fatto attorno. Molto più vivace la situazione in Veneto dove tante iniziative si scontrano in vitale ebollizione. Infine la Lombardia, dove va benissimo lo schema principale con l'impercettibile aggiunta di Giorgetti  in  entità di ectoplasma evanescente. Ci sono anche distinguo di ordine ideologico. Il primo è fra liberisti e identitaristi: una contrapposizione che si è però ampiamente assottigliata attorno a una comune matrice indipendentista e migliana. Resta il solco fra padanisti e localisti che è forte soprattutto in Veneto e che potrà trovare una composizione solo in un progetto complessivo  meglio definito. RUOLO CENTRALE In tutto questo ha posizione centrale il ruolo di Maroni, che ha il grande vantaggio di essere benvoluto e benvisto un po' da tutti (fuori dal cerchio beninteso) e che potrebbe riuscire a tenere insieme le varie anime, a ricompattare la diaspora e attrarre nuovi consensi. Non ha mai avuto una posizione ideologica molto definita: è una sorta di cursore verticale simile a Bossi ma sull'asse centrale e con movimenti più pacati. Per farcela deve riuscire a rappresentare tutta l'area bianca (e lo sta già facendo) ma deve avvicinarsi a quella di Ducario (la  più feconda in termini di produzione di idee e di progetti) e deve riuscire a ricucire con pazienza e barili di Bostik i cocci  disseminati dalle dissennatezze cerchiste. Deve parlare con gli altri movimenti e aprire al mondo esterno, alla Padania produttiva la cui paziente vocazione alla moderazione  si sta sgretolando sotto i colpi del banditismo statale italiano. Deve cacciare i trusoni e gli opportunisti. Deve operare con prudenza guardandosi dai nemici senza contentarsi della protezione dagli amici offerta dal Dio Po. Deve stare molto attento agli abbracci e alle mediazioni interessate, soprattutto ai più recenti. Deve diventare un capo anche se non ne ha la vocazione. Era successo a Sant'Ambrogio che non ne voleva sapere ma che era stato costretto dalla sua gente a diventare vescovo. E lo aveva fatto benissimo. A Maroni non serve neppure essere un santo leghista, solo leghista. di Gilberto Oneto

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