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La vittoria dimezzata del Prof

La Merkel dice un sì scontato al rafforzamento del fondo salva Stati. Silenzio sul pareggio di bilancio e sugli eurobond

Andrea Tempestini
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Il premier Mario Monti, a Berlino, ottiene una vittoria dimezzata. Al cospetto della cancelliera Angela Merkel, alla quale alla vigilia ha riservato commoventi elogi spiegando di essere "innamorato della Germania", il Professore ha strappato un generico assenso sul rafforzamento del fondo salva Stati. La Merkel ha confermato di aver parlato col Prof di "come rafforzare e rendere operativo" il fondo salva Stati europeo e di come la Banca centrale europea possa contribuire a "rendere operativo" lo strumento. Lievi concessioni da Angela, senza alcun tipo di quantificazione circa la liquidità, sulla Grecia: "Il primo obbligo dell'Europa quest'anno - ha aggiunto la Cancelliera - è quello di risolvere il secondo programma di aiuti per Atene e concludere i negoziati con le banche in modo da concentrarci sui problemi strutturali dell'Eurozona". Rapporto deficit-Pil - Il punto è che l'apertura della Merkel al rafforzamento del fondo salva Stati era scontata dopo l'accordo fiscale a 26 paesi raggiunto a dicembre, dal quale si è sfilata l'Inghilterra. Non è però stata fatta chiarezza sulla possibilità di rivedere la proposta della Commissione Europea, che esige che i paesi con un rapporto tra debito e Pil superiore al 60% debba rientrare al ritmo di 5 punti percentuali all'anno: una mazzata che per l'Italia si tradurrebbe in manovre da 20 miliardi ogni dodici mesi. Senza concessioni su questo punto, il Belpaese sarebbe destinato a una vera e propria macelleria sociale. Pareggio di bilancio - Monti negli ultimi giorni ha anche invocato la possibilità di raggiungere il pareggio di bilancio per il quale la Bce spinge dalla scorsa estate con un anno di ritardo. Il Prof chiede una proroga alla scadenza del 2013, che verrebbe così spostata al bilancio del 2014. Al termine della conferenza stampa congiunta con la Merkel anche su questo punto non abbiamo saputo nulla di nuovo. E se una concessione di questo tipo potrebbe far comodo a tutto il Paese, già fiaccato dalle recenti manovre, anche Monti, si può sottolineare con un filo di malizia, potrebbe tirare un sospiro di sollievo: la patata bollente passerebbe dalle sue mani a quelle del prossimo governo (non più tecnico ma politico). Silenzio sugli eurobond - A indebolire i risultati del faccia a faccia tra Monti e la Merkel, oltre alle considerazioni sul rapporto tra deficit e Pil e quelle relative al pareggio di bilancio, si deve sottolineare il 'terzo silenzio' di Angela: anche in questa una occasione nemmeno una parola sugli eurobond. Un silenzio che si traduce nell'ennesimo rifiuto della cancelliera ai titoli comuni invocati da gran parte dell'unione monetaria e che Monti non ha mai nascosto di reputare necessari. Gli eurobond, a differenza delle iniezioni di liquidità al fondo salva Stati, garantirebbero la possibilità calmierare il rischio di una crisi del debito che potrebbe divenire irreversibile. Certo, la Germania, poiché paese più virtuoso, sarebbe lo Stato che dovrebbe pagare il prezzo più alto assumendosi rischi a lei sconosciuti. E così i titoli comuni non appaiono nemmeno all'orizzonte: la Merkel ha detto 'nein'.  

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