Soumahoro condannato per irregolarità. E ora rischia il posto in Parlamento
Brutto guaio per l’onorevole Aboubakar Soumahoro. La Corte d’Appello di Bologna, che pur ha ridotto la sanzione, l’ha condannato a pagare 25mila euro: attenzione, il guaio non è tanto la cifra – sostenibile da un parlamentare – quanto che al deputato ivoriano sono state contestate una serie di irregolarità nella rendicontazione della campagna elettorale che l’ha portato alla Camera. La richiesta iniziale era di 40mila, dunque pur in attesa che le motivazioni vengano rese note, è verosimile che qualche contestazione sia venuta meno. E però – ecco il punto – s’avvicina il momento in cui l’ex pupillo di Bonelli e Fratoianni candidato con Avs e oggi nel Gruppo Misto, potrebbe rischiare la poltrona. Terminato l’iter giudiziario (Soumahoro può ricorrere in Cassazione) spetterà ai colleghi valutare gli estremi per votare la decadenza.
«Quando, a breve, conosceremo le motivazioni», spiega a Libero il deputato forzista Pietro Pittalis, componente della giunta delle Elezioni, «il presidente (Federico Fornaro del Pd, ndr) ci conferirà l’incarico di analizzare la vicenda ed eventualmente di relazionare la Camera, che in caso di voto dovrebbe esprimersi a maggioranza». La questione è scoppiata a novembre 2023 quando la Corte d’Appello ha contestato a Soumahoro «scarsa trasparenza sulle fonti di finanziamento, essendosi completamente sottratto a ogni controllo sulla provenienza e sulla stessa entità dei contributi ricevuti». E ancora: «La designazione del mandatario elettorale non risulta tempestiva né rituale. Il modulo», ha contestato la Corte, «è stato depositato a gennaio 2023, privo di data, sottoscritto dal candidato con firma non autenticata. L’accettazione del mandatario designato risulta sottoscritta con firma autenticata il 26.1.2023, ben oltre il termine. Non risulta aperto alcun conto bancario destinato alla raccolta fondi» - altra contestazione - «avendo il candidato usato una Postepay intestata a Stefano Manicardi», consigliere comunale del Pd a Modena.
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Il deputato si era difeso affermando che le irregolarità riguardavano «aspetti formali» e che «i fondi» erano stati «usati per la campagna elettorale: i miei avvocati», aveva informato, «stanno predisponendo il ricorso per confutare gli addebiti». Ha ancora il terzo grado a disposizione. Qualora decadesse perderebbe in via retroattiva stipendi e indennità. Secondo le contestazioni iniziali della Corte – vedremo dalle motivazioni quali sono state confermate – non risultava nemmeno «l’estratto conto, essendo stata trasmessa solo una lista dei movimenti con l’indicazione di una serie di operazioni, l’ultima addirittura del 10 gennaio 2023, con un accredito di 800 euro», quattro mesi dopo le elezioni. Di nuovo: «Gli importi indicati nel rendiconto, pari a 20.991,33 euro, non trovano riscontro nei movimenti». E in ultimo: nella carta gli accrediti sarebbero stati di 16.298,21 euro, le uscite quasi le stesse, mentre in realtà ci sarebbero stati movimenti «per un importo complessivo di 55.092,72 euro».
Gli avvocati dell’onorevole, ieri, hanno commentato: «Ferma restando la necessità di conoscere le motivazioni della sentenza, che saranno pubblicate presumibilmente entro un lasso di tempo ridotto, la decisione ha fortemente ridimensionato la consistenza qualitativa e quantitativa dei rilievi del collegio regionale di garanzia elettorale (Corege). Si ricorda che la Corege della Sardegna ha contestato irregolarità alla presidente Todde con una sanzione di 40mila euro e l’accertamento della decadenza». Le contestazioni alla governatrice sono ancora più pesanti.
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