Donald Trump, progressisti sconfitti nelle urne? Ora cercano all'estero nuovi Mussolini
La caccia al “fascismo eterno” tra una tartina al caviale e l’altra (passatempo tutto italico basato su una pseudocategoria di moda escogitata da Umberto Eco) ha conosciuto quest’anno una notevole proiezione globale. L’allarme, d’altronde, dev’essere apocalittico: le fattezze di Lui vanno scorte non solo in patria, ma rintracciate anche fuori, è tutta un’Internazionale Nera che va evocata, per assicurarsi di passare la nottata mediatico-editoriale. Ecco allora l’allarme supremo, e il più sconclusionato: tra venti giorni s’insedia un fascista... alla Casa Bianca. Ovvero, un tycoon newyorkese, che ha già governato l’America con un’agenda all’insegna della de-statalizzazione e della deregulation (“affamare la bestia”, in teoria farina più di Reagan che di Benito), senza peraltro che la “terra dei liberi” cessasse di essere tale.
Eppure, l’equazione Trump-Mussolini è il minimo sindacale, oggi, per essere ammessi nella Repubblica delle Lettere. Il più furbo di tutti, come al solito, è stato Antonio Scurati, secondo cui «Trump non è fascista, è fascistoide», una sorta di aggiornamento yankee 5.0 del manganello originario. Fascistissimo, per immediata proprietà transitiva, è ovviamente anche Elon Musk, l’artefice della vittoria (una lettura un filino semplicistica, ma d’altronde se conoscessero l’America non vaneggerebbero di camicie nere in marcia su Washington). E qui il funerale del principio di non contraddizione è definitivo, visto che tutte le battaglie di Musk sono sintetizzabili in una: quella per il free speech (che non risulta fosse tra gli obiettivi statutari del Partito Nazionale Fascista). L’imprenditore-genio è un libertario che fonde vitalismo individualista e avvenirismo tecnoscienitifico, tutta roba prettamente anglosassone, che con lo Strapaese fascista c’entra quanto chi scrive con l’astrofisica.
"Mussolini uomo dell'anno": la prima pagina di Libero virale sui social, boom di post | Guarda
Ma potete assistere a un carpiato ancora più spettacolare, nel tendone del circo “antifascista” tricolore. Quello per cui sicuro erede contemporaneo del Duce è... Javier Milei. Proprio così, il presidente argentino cresciuto a Scuola austriaca e motosega contro gli apparati. Qui, basta la doppia citazione che vi proponiamo. «La nostra formula è questa: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato». «Disprezzo lo Stato, ci sto dentro per distruggerlo, per ridurlo ai minimi termini». La prima è di Benito Mussolini, appunto. La seconda è della sua supposta reincarnazione con le basette: un anarco-liberista, il contrario antropologico di ogni fascismo (molto più del comunismo, che è una semplice variazione cromatica, dal nero al rosso).
C’è poi un altro “fascista” conclamato per lorsignori, specie da quando ha subito un pogrom (ovvero proprio la specialità della casa nazifascista, ma non stiamo lì a sottilizzare): Benjamin Netanyahu. Anzi, qui il mainstream progressista è andato oltre, probabilmente preoccupato di farsi scavalcare in foga antisemita dal duo Erdogan-Khamenei, e ha spesso collegato il leader dello Stato ebraico, questo incallito “genocida”, proprio ai camerati in svastica, la Reductio ad Hitlerum più grottesca della storia. La nuova Resistenza degli editorialisti e dei conduttori (gente che di fronte a un Lui autentico non salirebbe in montagna manco per 5 minuti, anche perché sarebbe difficile trovare un posto per l’apericena) si è poi molto esercitata contro due fascistoni che scorrazzano sul Vecchio Continente: Viktor Orban e Geert Wilders.
Il primo è partito dall’opposizione liberale al comunismo (probabilmente il vero demerito agli occhi degli intellò nostrani) e nella sua azione di governo dell’Ungheria è approdato a un conservatorismo nazionale e tradizionalista. Che non c’entra un’acca col fascismo, movimento rivoluzionario e sovvertitore come può apprendere chiunque dal sussidiario di quinta elementare. Lettura evidentemente mai bazzicata da geni del calibro dell’europarlamentare Avs Ignazio Marino, che recentemente ha tuonato «Orban è un dittatore come Mussolini».
Ancora più surreali le parentele ducesche insinuate a proposito di Wilders. Il fondatore del Partito della Libertà olandese ha sempre indicato tra i suoi riferimenti ideali Oriana Fallaci e Margaret Thatcher, e si è storicamente dichiarato laico, liberale e perfino, rullo di tamburi... «antifascista». Non conta, è fascista comunque, perché si permette di coltivare un lievissimo scetticismo sulla possibile convivenza tra la cultura della sharia e quella della libertà individuale. Fascisti, fascisti ovunque, è un pianeta in mano alle squadracce. E non possiamo nemmeno scappare su Marte, perché anche lì ci sta portando un fascista.
"Oddio i fasci": ecco dodici mesi di allarmi ridicoli