Scontro Alfano-Renzi: ecco cosa c'è dietro
Matteo Renzi non può andare lontano. Lo scontro con Angelino Alfano ("lui nel mio governo non entra") è l'indicatore principale della tensione che si respira dalle parti di palazzo Chigi. Il premier incaricato ha già capito che con il leader di Ncd nella maggioranza di governo e soprattutto in una poltrona chiave come quella degli Interni dovrà scendere a patti. Il rottamatore tira dritto, fa il duro, ma alla fine per far partire il suo governo dovrà ascoltare i suoi alleati. Il sindaco cerca di spostare l'esecutivo a sinistra e vorrebbe intestarsi l'intera squadra di ministri. Alfano su questo punto non cede. Io non entro al governo se non ho garanzie sulla durata della legislatura”. È su questa condizione “non trattabile” che Angelino Alfano ha chiesto un incontro “chiarificatore” a Matteo Renzi. “A questo punto – spiegano i suoi all'Huffpost– non si fida di Renzi. Vuole garanzie”. I nodi da sciogliere - Angelino per Ncd punta a conservare almeno 3 delle 4 poltrone attualmente occupate da Quagliariello, Lorenzin, lo stesso Alfano e Lupi. Non sarà facile. Renzi pensa ad un declassamento del vicepremier. Vorrebbe passarlo agli Esteri, oppure vorrebbe lasciargli soltanto di vicepremier. Angelino Alfano ormai gioca a carte scoperte e pretende che la riforma elettorale entri in vigore solo dopo la riforma del Senato, ovvero il più tardi possibile. Ed è in realtà su questo punto che si gioca la partita. Alfano in questo momento teme il voto. Con gli sbarramenti micidiali dell'Italicum Angelino rischia il default. L'accelerazione del Cav che ha chiamato i suoi alle urne tra un anno fa tremare ancora di più Angelino che rischia di trovarsi schiacciato tra Renzi e Silvio, gli unici due che non temono il voto. Renzi è convinto di prendersi il 37% e vincere le elezioni, approfittando dell'incandidabilità di Silvio Berlusconi. Ma scorda i sondaggi che danno addirittura il centrodestra davanti di ben 7 punti sul centrosinistra. Il campo di battaglia principale dunque per evitare il voto resta quello delle Riforme. Quagliariello e Schifani al vertice con Delrio sono partiti all'attacco, sottolineando con enfasi la necessità di riflettere sull'interconnessione tra la riforma del Senato e la legge elettorale. "Definiamo fin da subito il perimetro delle forze che partecipano alla stesura dei testi", hanno chiesto Dellai e D'Alia. Più sfumata la posizione di Ncd. Il piano - Era stato Alfano a parlare chiaro e tondo qualche ora prima: "Per rendere credibile che davvero togliamo il Senato così come è, sarà indispensabile approvare una norma che attribuisca alla legge elettorale un vigore, una sua immediata applicabilità appena concluso il cammino delle riforme". L'obiettivo degli alfaniani è chiaro: allungare i tempi dell'Italicum, per scongiurare il ritorno alle urne entro un anno. E allungare i tempi della definizione del programma, per trovare una quadra e disinnescare la minaccia di Renzi di non accettare i tre ministri alfaniani uscenti. Matteo alla fine cederà. Sa bene che senza Alfano il suo piano può fallire prima che cominci. Quagliariello è stato chiaro: “L'unico modo per avere garanzie è scrivere come premessa del programma che la legge elettorale non entri in vigore se non viene approvata prima la riforma del Senato”. .