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Italicum, il piano C di Renzi: intesa con Alfano

Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Angelino Alfano

Andrea Tempestini
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L'Italicum non è soltanto la (probabile) nuova legge elettorale. La riforma è il perno attorno al quale si giocano le sfide politiche più importanti degli ultimi mesi. Non è soltanto questione di "come" voteranno gli italiani. La questione riguarda gli assetti di governo, la credibilità di Matteo Renzi e la possibilità di Silvio Berlusconi di restare sul palcoscenico della politica che conta. Il quadro è intricato. La soluzione più probabile è che, alla fine, l'intesa Renzi-Berlusconi regga e che l'Italicum diventi legge, in primis grazie a loro. Il principale nodo da sciogliere è quello relativo all'innalzamento del premio di maggioranza dal 35% al 37-38%, un punto sul quale il Cavaliere sarebbe disposto a cedere (a patto di non ritoccare al ribasso gli sbarramenti e a patto di mantenere le cosiddette norme salva-Lega). Se l'ex premier si sfilasse - questo il ragionamento di Renzi - verrebbe tacciato, non solo dal Nazareno, di inaffidabilità, e verrebbe nuovamente relegato a un ruolo secondario, di nera opposizione, nell'attuale scena politica. La seconda via - L'accordo Renzi-Cav, però, è tutt'altro che blindato. Le possibili interpretazioni su quanto sta accadendo nelle segrete stanze romane sono molteplici. E' possibile che sia invece proprio Renzi il primo interessato a far saltare il banco. Ieri, martedì 28 gennaio, il segretario del Pd ha accusato Forza Italia di stare mettendo a repentaglio la trattativa. Eppure se l'intesa sull'Italicum saltasse, oltre alle accuse al Cavaliere, partirebbe un tiro incrociato sul governo Letta, che non potrebbe intestarsi neppure la riforma elettorale. Dunque l'esecutivo, già fragile, sarebbe ancor più ballerino. L'ipotesi del voto anticipato a maggio diventerebbe concreta, con soddisfazione su più fronti: su quello di Forza Italia (Berlusconi vuole l'election day) e su quello del Pd renziano, che vorrebbe misurarsi al più presto con la prova del voto. Il sindaco di Firenze, infatti, teme che l'immobilismo di un governo di cui è azionista di maggioranza assoluta, alla lunga, possa erodere il suo consenso. Le urne, in definitiva, fanno gola a Matteo. La terza via - C'è poi una terza strada che si snoda attorno all'Italicum. E' quello che il Corriere della Sera, con Francesco Verderami, definisce il piano B di Renzi. Il ribaltamento di prospettiva è quasi totale: in questo terzo scenario tutto graviterebbe attorno all'eventuale intesa Renzi-Angelino Alfano. Se saltasse l'intesa con Berlusconi e se il governo cercasse di portare la riforma comunque in porto (pena, fare le valigie e probabilmente andare a casa), il segretario Pd e il vicepremier potrebbero giocare di sponda. I due, infatti, nonostante le schermaglie mediatiche hanno trovato un'intesa: rendere legge l'Italicum, con poche limature (Renzi potrebbe cedere sullo sbarramento, ma in compenso stralcerebbe le norme salva-Lega). Tra Renzi e Alfano potrebbe essere siglata una "pax" di comodo: dopo la riforma, di cui si prenderebbero il merito, riprenderebbero le schermaglie su rimpasto ed eventuale Letta-bis. Berlusconi, da par suo, intuisce il pericolo. Anche per questo, per ora, non ha fatto saltare il tavolo con Renzi, come gli è stato consigliato anche dal plenipotenziario Denis Verdini, da Brunetta e Romani, ma soprattutto dal grande tessitore Gianni Letta. (an.t)

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